Natalia Chatzigiannidou, capitana della Nazionale femminile greca, parla a Kouti tis Pandoras, dei problemi endemici che sta affrontando il movimento in Grecia e per la Nazionale che si prepara alla gara contro la Germania senza aver svolto alcun allenamento!
Di Thanos Sarris – To Koutì tis Pandòras (23/11/2020)
Traduzione di Enzo Navarra
Negli ultimi tempi ormai si vede chiaramente il progresso del calcio femminile, il quale reagisce e comincia ad avere una voce in tutto il mondo. In Spagna, il quarto di finale dello scorso anno tra Athletic Bilbao e Atletico Madrid [giocata al San Mamés il 30 gennaio 2019 per la Copa de la Reina, N.d.T] ha raccolto allo stadio 50.000 persone, superando il record di pubblico della squadra maschile. Pochi mesi dopo le giocatrici, avendo anche il supporto dei colleghi uomini, hanno fermato il proprio campionato, richiedendo un posto nel professionismo.
Negli Stati Uniti, con l’attivista Megan Rapinoe in prima fila, la Nazionale femminile ha fatto causa nei confronti della Federcalcio, accusandola di discriminazione di genere. La capitana ha parlato anche di altri temi, di natura sociale. In Argentina la battaglia che ha cominciato Macarena Sánchez per l’uguaglianza nel calcio, arrivando al punto di mettersi contro tutti nel proprio Paese, ha dato i suoi frutti, visto che la Federcalcio locale ha accettato di organizzare un campionato femminile professionistico, sponsorizzando le squadre. Nei paesi avanzati dal punto di vista calcistico, come l’Inghilterra, le squadre femminili attirano sempre più attenzione non solo tra le società, ma anche tra i tifosi.
In Grecia, tuttavia, la situazione rimane immutata. Indifferenza e disprezzo totale. Da evidenziare il fatto che venerdì 27 novembre la Nazionale femminile è scesa in campo per una partita ufficiale di qualificazione [agli Europei del 2021, N.d.T] contro la Germania e le giocatrici andranno a giocare non solo senza partite nelle gambe, ma anche senza allenamenti!
Natalia Chatzigiannidou, capitana della Nazionale e detentrice del record di presenze con la Grecia, conosce ogni dettaglio della situazione nel movimento, visto che è nel mondo del calcio da circa 30 anni. Ha cominciato da Florina, ha giocato per 13 anni nel PAOK e quest’anno è andata all’Agrotikos Asteras Evòsmou. Parlando a Koutì tis Pandòras, Chatzigiannidou non lascia molti margini di speranza per il futuro di uno sport in cui più si infrangono i tabù e diventa famoso tra le donne, maggiore è l’indifferenza che incontra nelle “stanze dei bottoni”.
Cominciando la nostra chiacchierata sul calcio femminile, negli ultimi anni vediamo anche in Europa un trend in crescita, con più introiti e i Mondiali che hanno avuto un ottimo successo. In generale sta diventando sempre più popolare…
«Le maggiori società europee hanno squadre femminili. Soprattutto in Italia, Inghilterra e Spagna, così le persone sono più interessate. Quando il PAOK ha affrontato il Benfica [lo scorso settembre, N.d.T], abbiamo saputo che la squadra femminile aveva solamente tre anni di vita e apparteneva alla rispettiva società. Nel giro di tre anni ha un budget di due milioni, ha eliminato il PAOK e l’Anderlecht, che è una buona squadra, e si è qualificato per i sedicesimi di Champions League, con una disponibilità economica che non ci possiamo nemmeno immaginare. Una squadra che ha tre anni. Penso che il fatto che le società maschili creino delle rispettive in campo femminile ha fatto crescere molto il movimento. Sicuramente hanno delle basi, niente a che fare con quello che succede qui. Sono molto organizzate, hanno le giovanili. Però il fatto che ci siano le squadre rispettive in campo maschile ha dato una grande spinta».
Ιl budget viene quindi dalle aziende che si trovano dietro le squadre maschili…
«Esattamente. E in qualche federazione, come in Norvegia o Danimarca, i soldi a disposizione del calcio maschile sono gli stessi di quello femminile. La torta viene spartita esattamente a metà. Qui non abbiamo niente di tutto questo».
Sei in questo mondo da così tanti anni e quindi segui il percorso che si sta facendo in questo periodo. Abbiamo un trend in crescita in Grecia? [Il calcio femminile] Viene affrontato in maniera più seria?
«Νο. Mi occupo di calcio dai miei 11 anni, quindi da quasi 30 anni [Chatzigiannidou è classe ’79, N.d.T]. Non è cambiato nulla. Penso che il calcio femminile esista perché la Federcalcio è obbligata ad averlo. Non è cambiato nulla. Nel periodo dei Giochi Olimpici di Atene era un po’ diverso, abbiamo fatto una preparazione di un paio di anni con tante amichevoli, avendo la percezione che qualcosa sarebbe cambiato, ma solamente per un attimo. Poi si è spento tutto. Ora giochiamo solo in gare ufficiali. Non facciamo un’amichevole da circa due anni. Ci raduniamo due giorni prima delle partite ufficiali: se giochiamo il venerdì, ci troviamo mercoledì per un allenamento in Grecia, un altro nel paese che ci ospita e infine giochiamo. In Nazionale succede questo. A livello di società, ci sono più squadre e più ragazze che giocano a calcio».
Era quello che ti volevo chiedere. A livello sociale il gioco del calcio è diventato più accessibile per le donne?
«Sì, ci sono più ragazze coinvolte e più squadre, visto che ormai ci sono tre divisioni, ma nonostante questo non vedo un cambiamento».
La Federcalcio greca perché pensi che abbia questa posizione? Dipende dalla mentalità? Non se ne occupa proprio?
«La Federcalcio ci mostra che non le interessa. Ignoro il motivo, non lo so. Si vede, tuttavia, che non c’è alcun interesse».
Venerdì si conclude l’impegno delle qualificazioni all’Europeo e andrete a giocare contro la migliore squadra, senza aver fatto un allenamento…
«Inizialmente era molto difficile la nostra missione, perché solo la prima di ogni girone si qualifica all’Europeo e la seconda va agli spareggi. Quindi anche qualche seconda può accedere alle fasi finali. Eravamo in un girone con altre quattro squadre, con grande favorita la Germania, che ha un’enorme differenza di livello dal resto delle nazionali. Quello che sotto sotto ci dicevamo era di andare a competere per il secondo posto. La nostra ultima partita è in Germania e in pratica andiamo senza partite nelle gambe. Il nostro campionato non è mai cominciato e non mettiamo piede sul campo dall’inizio del mese, da quando è cominciato il lockdown [dallo scorso 7 novembre, N.d.T]. Non abbiamo svolto alcun allenamento. Ognuna di noi si prepara individualmente e andremo a giocare contro la Germania [le tedesche hanno sconfitto per 6-0 la Grecia ad Ingolstadt lo scorso 27 novembre, N.d.T]».
Immagino che per le tedesche non sia proprio lo stesso…
«No, perché da loro i campionati proseguono normalmente, non si sono interrotti».
Avete fatto qualche tentativo di comunicare [con la Federcalcio, N.d.T], a causa della partita ufficiale, in modo da avere il permesso di svolgere almeno gli allenamenti?
«Dalla Federcalcio tutto tace. In questo momento ognuna di noi si allena in posti di fortuna. Noi corriamo sulla passerella in cemento che si trova in spiaggia, ad esempio».
In condizioni normali avete regolarmente allenamenti e partite. Esiste una prospettiva di passare al professionismo per voi?
«In Grecia lo sport rimane dilettantistico. Ci sono alcune calciatrici che giocano all’estero e sono professioniste ma in Grecia è impossibile che succeda. Solo chi è all’estero può anche mantenersi economicamente. Non riesce ad avere un futuro certo, ma si porta il pane a casa. Non è come il calcio maschile, in cui se uno gioca fino ai suoi 30 anni poi sarà a posto per il futuro».
Quindi è l’amore per il gioco che vi tiene ancora qui.
«Sì. Dobbiamo nel frattempo lavorare per riuscire a farcela. Io sono una vigile del fuoco. Il calcio è il mio hobby e lo combino col mio lavoro.
Immagino che tutta questa situazione si rispecchi in campo, nel momento in cui si devono affrontare altre nazionali.
«La differenza è enorme. Come se una squadra dilettantistica greca, da un campionato provinciale, andasse a giocare contro una formazione di Super League [massima divisione ellenica, N.d.T]. […] Il movimento crescerà solo se sempre più giocatrici andranno a giocare all’estero, così lavoreranno in determinate condizioni e senza avere nient’altro, essendo solamente delle professioniste».
Questo non aiuterà il campionato greco però…
«Il campionato greco, no. È totalmente dilettantistico. Non c’è competizione, si trova molto indietro».
Si sa quando comincerete il campionato?
«Non abbiamo alcuna novità in merito».
Immagino che, a causa del carattere dilettantistico del movimento, non abbiate alcuna rappresentanza, in modo che la vostra voce arrivi a chi prende le decisioni.
«No e probabilmente è un nostro errore che in tutti questi anni non abbiamo fatto alcun passo per avere una voce. Non abbiamo nessun aggiornamento. Ho saputo che si è svolto un incontro con Avgenakis [viceministro greco con delega allo Sport, N.d.T] e non è mai stato toccato l’argomento del calcio femminile. Si fanno tentativi per la ripartenza dei campionati al di sotto della Super League, ma per il femminile che è una Serie A, con squadre da tutta la Grecia e con i suoi membri che giocano in Nazionale non si è sentito nulla.
Da capitana della Nazionale, avendo dedicato una grande parte della tua vita al calcio, cosa pensi che realisticamente possa succedere per avere un progresso?
«Penso che l’EPO [la Federcalcio greca, N.d.T] debba voler alzare il livello del calcio femminile in Grecia, perché sappiamo che la UEFA ha dato grande peso al miglioramento delle condizioni in questo movimento e so che sponsorizza tutto questo processo. La Federcalcio dovrebbe affrontare il calcio femminile come quello maschile. Dovrebbe dare l’impulso per cominciare uno sviluppo a partire dalle basi. Forse costringere le grandi società a creare squadre femminili e scuole calcio. Penso che tutto questo dovrebbe cominciare dalla Federcalcio».