di Oluwashina Okeleji – New Frame, 28/08/2021
Traduzione di Alex Čizmić
(https://www.newframe.com/an-african-super-league-seems-a-super-silly-idea/)
Lungi dall’essere la soluzione magica alle scialbe competizioni calcistiche africane, con la proposta della Superlega la CAF (Confederazione Africana del Calcio) sembra voler nascondere la propria inefficienza sotto il tappeto.
Una delle voci fondamentali all’interno del coro che ha sovrastato la Superlega europea prima ancora che questa decollasse sostiene fortemente la creazione di un campionato simile in Africa. Questo fa sorgere una domanda: perché il continente africano è trattato come una discarica per un’idea che è stata vista come rappresentativa di tutto il male del calcio?
«Possiamo solo disapprovare fortemente la creazione della Superlega», diceva ad aprile Gianni Infantino, il presidente della Fifa, che l’ha definita «un circolo chiuso, una rottura con le istituzioni attuali, con le leghe e le federazioni, con l’Uefa e la Fifa».
Ma nel 2019, lo stesso Infantino aveva avanzato per la prima volta l’idea di una Superlega africana, vantandosi che un’iniziativa del genere avrebbe portato oltre «200 milioni di dollari di entrate» e salutandola come «un nuovo capitolo del calcio africano».
Da allora, mentre si opponeva pubblicamente alla Superlega europea, Infantino ha continuato a decantare i meriti di una versione africana della stessa. Rivolgendosi nel febbraio 2020 all’AIPS (l’Associazione Internazionale della Stampa Sportiva), il numero uno della Fifa ha ancora una volta fatto proseliti a favore della sua “creatura” che avrebbe l’obiettivo di trasformare il calcio africano.
«Abbiamo avuto dei seri problemi in Africa e le cose devono cambiare», disse. «Penso che sia giusto affermare che le competizioni in Africa hanno un successo di 30-40 volte inferiore rispetto a quelle europee. Una Superlega africana è la nostra proposta, ma dobbiamo vedere se il calcio africano la accetterà».
L’elezione di Patrice Motsepe a presidente della CAF ha accelerato il processo di adozione della Superlega. È ampiamente noto che il magnate minerario sudafricano è stata la scelta di Infantino, ma nonostante la sua influenza nel continente è stato felice di consentire a un governo ombra della Fifa di comandare.
L’AFRICA È DIVERSA
Le ragioni del contrasto tra i punti di vista di Infantino sulla versione della Superlega europea e quella africana sembrano essere radicate nella convinzione che le sfide peculiari del continente africano richiedano soluzioni altrettanto peculiari.
Il segretario generale della CAF Veron Mosengo-Omba, che precedentemente gestiva i rapporti con le confederazioni continentali alla Fifa, ritiene che la Superlega africana sarà diversa da quanto proposto per la sfortunata ed effimera versione europea. «Il problema in Europa era un problema di distribuzione», ha detto. «La Superlega in Africa avrà dei benefici sociali. Saremo in grado di trattenere i nostri talenti, che avranno stipendi decenti».
In una recente intervista al quotidiano sportivo spagnolo Marca, il presidente della commissione per le competizioni per club della CAF, Ahmed Yahya, ha spiegato perché una Superlega africana potrebbe essere lanciata con successo. «In Europa», ha detto, «il progetto è stato annunciato al di fuori della struttura calcistica e in aperto conflitto con l’Uefa. La Superlega africana sarà creata all’interno della struttura calcistica già esistente, nel rispetto di essa, e cercherà di aiutare le squadre di calcio africane a crescere o, in alcuni casi, a sopravvivere, fornendo la stabilità finanziaria necessaria per continuare il prezioso lavoro di sviluppo di giovani talenti in modo da portarli a un livello superiore».
Nonostante l’entusiasmo negli uffici della CAF, rimane poca chiarezza, o trasparenza, riguardo alla struttura della Superlega africana. Interrogato su questo, Yahya è stato vago, dicendo semplicemente che «i dettagli prenderanno forma nei prossimi mesi».
Barbara Gonzalez, l’amministratrice delegata del club tanzaniano del Simba SC, aveva espresso il suo entusiasmo per la Superlega all’inaugurazione della presidenza di Motsepe a marzo. Aveva twittato una foto con Infantino e annunciato che «è in corso il lancio della Superlega africana con 20 club membri permanenti». Tuttavia, quando le è stato chiesto di approfondire, ha rifiutato la richiesta.
UNA SOMMA PRINCIPESCA
L’identità dei 20 membri permanenti è una questione intrigante. La proposta di Infantino contiene l’obbligo per i club partecipanti di pagare una somma di 20 milioni di dollari all’anno per cinque anni. Un costo di ammissione così alto è intrinsecamente escludente e, ad esempio, taglia fuori immediatamente quasi tutti i club dell’Africa occidentale. Ma anche le società africane più virtuose dal punto di vista finanziario farebbero fatica a effettuare questi pagamenti sul lungo termine, alle prese come sono con i costi di gestione e la tutela della salute dei giocatori.
In un continente in cui le squadre di calcio in difficoltà stanno tagliando i costi e non possono adempiere ai loro obblighi finanziari nei confronti dei giocatori, una situazione che è stata aggravata dalla pandemia di Covid-19, è improbabile che molti club possano permettersi di far parte della Superlega.
L’idea di sborsare 20 milioni di dollari è stata rigettata dal presidente di un importante club dell’Africa occidentale che ha preferito rimanere anonimo. «Onestamente dubito che chi gestisce il calcio in Africa capisca le crescenti sfide che stiamo affrontando finanziariamente. Dove pensano che possiamo trovare una somma di denaro così folle?», si chiede.
«Affermano che i club guadagneranno dai diritti TV, ma come mai nessuno ha ritenuto necessario parlare della Superlega con i club che sono già in perdita a causa della loro partecipazione alle competizioni CAF?».
Se, in un improbabile sviluppo degli eventi, il denaro non fosse un problema per la maggior parte dei club africani, con quali criteri verrebbero selezionati i club partecipanti? Geografico? Sulla base del successo nelle competizioni continentali? Il peso finanziario? Ogni possibilità presenta un diverso insieme di preoccupazioni.
Viene da chiedersi se, per cominciare, questi fattori siano stati presi in considerazione. In effetti, sembra che ci sia una determinazione a portare avanti questa idea a tutti i costi, indipendentemente dagli eventuali ostacoli presenti nel mondo reale. A luglio il comitato esecutivo della CAF ha incaricato la commissione per le competizioni per club di accelerare lo studio di fattibilità della Superlega africana. Ciò dopo aver già approvato la nuova competizione. Un ordine degli eventi insolito, per non dire altro.
Durante questi lavori, Motsepe ha descritto la proposta come “eccitante” e ha affermato che «attirerebbe l’interesse di diverse emittenti». Tuttavia, questo ottimismo è in qualche modo smorzato dalla realtà, che ha visto la CAF coinvolta in una battaglia legale con il Gruppo Lagardère dopo la decisione di rescindere unilateralmente un contratto di trasmissione da 1 miliardo di dollari della durata di 12 anni con l’emittente francese. Il risultato è che la CAF non è stata in grado di vendere i propri diritti televisivi.
PROBLEMI AUTOPRODOTTI
Questo illustra perfettamente un tema chiave: la spinta della CAF verso la rottura dello status quo è, ogni volta, minata dalle sue stesse inefficienze.
La necessità che i club si iscrivano alle competizioni a un prezzo esorbitante si scontra con il magro premio in denaro che ricevono per le loro partecipazioni alla CAF Champions League e alla Confederation Cup. Di solito, i maggiori club africani spendono molto più di ciò che incassano per prendere parte a queste competizioni. Ad esempio, il Simba SC ha speso 1,1 milioni di dollari per le partite della fase a gironi della Confederation Cup 2020-2021, ma ha guadagnato solo 500.000 dollari in montepremi, secondo i dati forniti dal sito web sportivo tanzaniano Mwanaspoti. Inoltre, la capacità dei club di attrarre sponsorizzazioni è compromessa dall’assenza di trasmissioni televisive.
Il presidente di un club nordafricano afferma di essere rimasto piuttosto deluso dalle dichiarazioni di Motsepe. «Questo è uno scherzo orribile e solo il presidente della CAF sta ridendo», ha detto, chiedendo anche lui l’anonimato. «Non stiamo facendo i conti con la mala gestione delle competizioni in Africa. In cinque anni è andata di male in peggio. Io voglio dire qualcosa, ma sono sempre pronti a sanzionarti se li sfidi. Lasciatemi dire questo: la passione intorno CAF Champions League è morta, ma a loro importa? Hanno cercato di capire come gli altri continenti guardano alla nostra Coppa d’Africa e alla Confederation Cup? Se non sono in grado di sistemare questo caos, come può una Superlega entusiasmare qualcuno? L’unica soluzione è che la Fifa paghi tutto per farci giocare».
In effetti, c’è poco interesse per l’ennesima competizione quando da quelle esistenti non è stato ricavato il massimo. Nonostante i commenti negativi che ha ricevuto, la Superlega europea ha almeno ravvivato la sensazione che l’attuale formato della UEFA Champions League fosse stato superato e avesse bisogno di essere rinfrescato. La CAF non può affermare di aver fatto tutto il possibile per portare la sua Champions League al massimo delle proprie potenzialità. E, se preso come caso di studio sulla capacità della CAF di generare entrate significative da una grande competizione, non è certo incoraggiante.
Nessuno dei potenziali obiettivi dichiarati della Superlega africana – nelle parole di Yahya, «club più forti, tifosi che possono godersi i loro idoli nei loro club più a lungo, giocatori che si sentono ricompensati» – va al di là di una Champions League da rinnovare e rivitalizzare. Tanto che, a quanto pare, gli stessi imperativi relativi allo sviluppo infrastrutturale, alla responsabilità fiscale e ai settori giovanili accompagneranno anche la Superlega.
L’idea di insistere sulla creazione di una competizione del tutto nuova come fosse la bacchetta magica che farà svoltare il calcio africano sembra eccessivamente ottimista, così come lo sono tutte le proiezioni sconnesse dalla realtà che sono state fatte finora. Alla fine, più che mettere ordine alla sua confusione, la sensazione è che la CAF stia invece prendendo la strada più comoda: infilare tutto sotto il tappeto e ricominciare da capo.