Cresciuto a Nantes, passato per la Roma, il Charlton e lo Standard Liegi, Loïc Nego si è imposto con l’età in Ungheria. Al punto da diventare, alle soglie dei trent’anni, l’eroe inatteso della nazionale con il gol del pareggio contro l’Islanda nella finale del playoff per Euro 2020 lo scorso novembre. L’estate prossima ritroverà Griezmann, attaccante dei Bleus con cui vinse il campionato europeo under 19 del 2010. Racconto di un percorso non comune che vede oggi Nego giocare per l’Ungheria
diAndrea Chazy e Joël Le Pavous – So Foot (04/12/2020)
Traduzione di Alessandro Mastroluca
Nella Puskás Aréna di Budapest, di fronte a 67 mila seggiolini vuoti a causa del coronavirus, Loïc Nego fa il suo ingresso in campo al minuto 84 al posto di Ádám Nagy. L’inevitabile francese del MOL Fehérvár si piazza in mezzo al campo, lontano dalla fascia destra dove fa scintille nella OTP Bank Liga, il campionato locale. L’Islanda conduce 1-0 grazie a una punizione controllata da Péter Gulácsi, il portiere del Red Bull Lipsia. I tifosi ungheresi che seguono la partita su M4 Sport immaginano già la qualificazione a Euro 2021 sfilar via sotto il naso e cominciano sommessamente a dire addio alle sfide in casa contro il Portogallo di CR7 e la Francia campione in carica. Ma 240 secondi più tardi, Loïc Nego pareggia. Il numero 7, ebbro di gioia, bacia lo stemma sulla maglia, poi la telecamera mentre István B. Hajdú, leggendario telecronista ungherese, urla a squarciagola a nome di tutto un popolo riconoscente: «Loïc Nego! Mio Loïc! Lajos!».
Nemanja Nikolić, compagno di squadra di Nego in nazionale e al MOL Fehérvár, si trovava a pochi metri dall’eroe dalla doppia nazionalità, naturalizzato nel febbraio 2019, al momento del gol del pareggio: «Stavo per calciare quando ho sentito gridare: “Passami la palla!” alla mia destra. Gliel’ho passata, il pallone è stato deviato e Loïc ha finito il lavoro», ricorda l’attaccante di origine serba che si congratula con l’ex allievo della Jonelière [il centro di formazione del Nantes]. A 1900 chilometri da lì Matthieu Bideau, che ha forgiato Loïc a Nantes, non si perde la notizia: «Ho svegliato la mia fidanzata e le ho detto: “Dio esiste!”».
Nikolić chiosa: «L’Ungheria è la scelta migliore della sua vita». Dopo la partita, che l’Ungheria vincerà 2-1 grazie a un gol della superstar in divenire Dominik Szoboszlai nei minuti di recupero, Péter Gulácsi invia un SMS con scritto «merci» (in francese) a Nego. Il giorno dopo, il quotidiano Nemzeti Sport celebra « Lajos » (Louis, in ungherese) salutando il suo rinascimento ungherese e i suoi sforzi per imparare la lingua. Perché nella sua terra d’adozione, dove brilla da cinque anni dopo una serie di delusioni, il salvatore inatteso risponde a questo nome regalo di Asmir Suljić, ex-compagno della freccia del Vidi partito per giocare nella prima divisione israeliana. Gli amanti del «foci» (calcio in ungherese) ricordano anche la sua volée in una sera di dicembre del 2018 contro il Chelsea, quando ha beffato Willy Caballero nella fase a gironi di Europa League.
Gulasch, Auchan e Playstation
A Székesfehérvár, città natale del Premier Viktor Orbán, appassionato di calcio spesso visto sulle tribune del Sostói Stadion, Nego si è stabilito dopo un ping-pong deludente tra il Charlton e Újpest, scuderie della famiglia Duchâtelet che è proprietaria anche dello Standard Liegi dove Nego è arrivato all’inizio del 2013. Ma dal suo arrivo al Vidi nell’estate del 2015, il francese ha saputo imporsi nella squadra finalista in Coppa UEFA nel 1985, diventando indispensabile per i biancorossi. Proprio nel periodo con il MOL Vidi, Nego ha potuto fare il suo esordio in nazionale con l’aiuto dei compagni di squadra Fiola, Szilveszter Hangya e Nikolić. «Certo, abbiamo parlato della sua carriera complicata in spogliatoio, ma il resto del gruppo l’ha accolto a braccia aperte», spiega Nikolić. «Ho passato cinque stagioni senza problemi fisici e con prestazioni soddisfacenti. Con mia moglie e i miei due figli, ci sentiamo a casa in Ungheria – sorride Nego – Abitiamo a Budapest, a mia moglie piace andare alle terme. Io sono più tipo da casa e PlayStation online contro i ragazzi di Garges. È un bel modo per tenere i contatti con il quartiere». Tra due incontri della OTP Bank Liga, Loïc si informa sull’arrivo di vettovaglie francesi da un vicino direttore di Auchan, presente in Ungheria, e si concede dei gulasch come uno strappo alla dieta. Il pilastro del MOL Fehérvár organizza spesso cene di coppia con il connazionale Lyes Houri sbarcato a gennaio.
In Ungheria, Loïc Nego ha un angelo custode che risponde al nome di Sándor Csányi. Il presidente della banca sponsor del campionato e boss della federazione ungherese ha mosso mari e monti alla UEFA, dove occupa la vice-presidenza, per ottenere che un giocatore possa giocare nella nazionale maggiore di un Paese dopo aver rappresentato la selezione giovanile di un altro. Ecco come Loïc, segnando la rete del pareggio contro l’Islanda alla sua quarta presenza, è diventato il salvatore che nessuno si aspettava. Senza alcuna sorpresa, l’attuale ct ungherese Marco Rossi aspettava solo il cambiamento della regola ottenuto da Sándor Csányi per convocare Loïc. «Giocare in nazionale era il suo antico sogno. Nel corso delle ultime sette stagioni, ha provato in moltissime occasioni di essere uno dei calciatori più eccezionali della OTP Bank Liga. Se Loïc dà tutto in nazionale, potrebbe diventare un elemento di grande utilità per tutti», dichiarava l’italiano alla vigilia del battesimo del fuoco di Nego contro la Bulgaria l’8 ottobre scorso. Certo, Rossi non si aspettava allora che le sue parole sarebbero risultate profetiche. Oggi, in ogni caso, possiamo dire che ha avuto fiuto.
Nella stessa camera di Griezmann all’Euro U19 del 2010
Prima di indossare la casacca ungherese e di far battere il cuore dei tifosi magiari, è con la maglia bleu che Loïc Nego ha fatto il suo debutto internazionale. Nello spazio di quattro anni, dagli U16 agli U20, i successi sono stati tanti. Loïc e i compagni dell’epoca hanno reso orgogliosa la Francia nel 2010 a Caen, conquistando l’Europeo U19 che la Francia impiegherà sei anni per vincere di nuovo. «Era l’estate di Knysna [ritiro ai Mondiali del 2010 della Francia che naufragò fra le polemiche, N.d.T], racconta Sébastien Faure che oggi gioca per il Goal FC in National 2. Era un momento difficile per il calcio francese, quella vittoria ha dato morale a tutti». Sotto la guida del rimpianto Francis Smerecki, la Francia ha battuto la Spagna in finale allo stadio Michel d’Ornano. Accanto a Loïc Nego, c’erano Seb Faure, ma anche Antoine Griezmann, Gaël Kakuta o, in panchina, Alexandre Lacazette. Anche se alcuni di loro già giocavano in prima squadra Loïc, che ha scoperto la Ligue 2 con il Nantes, non è certo il peggiore del gruppo: «Se mi avessero detto all’epoca che Griezmann sarebbe stato essenziale per la nazionale francese e che avrebbe segnato dei gol avrei fatto fatica a crederci, spiega Faure, visto come giocava allora in confronto a Kakuta, Taffer, Grenier e Lacazette. Succedono talmente tante cose a livello di club, non è possibile predire questo tipo di percorso».
Griezmann allora divideva la camera con Nego e non ha dimenticato quel periodo visto che non ha mancato di fare i complimenti all’ex compagno dopo la qualificazione dell’Ungheria contro l’Islanda. Il prossimo giugno, se il Covid lo permetterà e se Marco Rossi avrà ancora fiducia in lui, potranno ritrovarsi uno di fronte all’altro alla Puskás Aréna. Una consacrazione? Una rivincita? Per Loïc Nego nessuna delle due. «A questa domanda, mio padre avrebbe risposto di sì, assicura. Ma per me non è così. Non finirà la mia carriera dopo la partita con i Bleus, comunque vada a finire. Se non dobbiamo essere realisti, il sogno è conquistare il Pallone d’Oro. Realisticamente, invece, il mio obiettivo è far parte della lista dei convocati per l’Europeo, di far bene e poi di centrare la qualificazione per i Mondiali del Qatar». Suo padre, scomparso nel 2011, non sarà lì a gridare la sua fierezza a tutto il mondo. Ma di sicuro sarebbe stato fiero del cammino di suo figlio.
«Loïc, un ragazzo che non dubita mai»
Perché prima di conoscere l’ebbrezza delle serate internazionali a Budapest, Loïc Nego ha trascorso la prima parte della sua vita a Garges-lès-Gonesse, nella Val-d’Oise. La famiglia Nego, composta da Loïc, dai genitori e dalle sue sorelle, ha vissuto nel quartiere de La Muette. «Non avevamo nulla di cui lamentarci, racconta oggi Loïc Nego. Non c’erano i cucchiai d’argento a tavola, ma non ci mancava niente. Non eravamo né ricchi né poveri. Mi allenavo con i miei amici del quartiere, giocavo sempre a pallone. Pensavo più al calcio che ad andare bene a scuola, allora». Un’infanzia come tante da queste parti. Ma nel 2006 il torneo interdistrettuale di Châtenay Malabry a cui Loïc partecipa con la sua squadra del Bourget si incarica di avviare il capitolo successivo della storia. Attira l’attenzione degli osservatori del Nantes e soprattutto di Matthieu Bideau, che diventerà immediatamente il suo angelo custode. «L’abbiamo notato con Philippe Casagrande negli U14 federali al Bourget. Abbiamo chiesto al nostro responsabile di allora, Vincent Bracigliano, di venirlo a vedere quel giorno. E tutti ci siamo trovati d’accordo che avremmo dovuto puntare su di lui». Loïc è debole per essere un centrocampista ma ha il fuoco nelle gambe e soprattutto le caratteristiche richieste per abbracciare un nuovo ruolo nei Canarini. « Momo El Kharraze lo schierava come esterno nella selezione dei ’93, aggiunge Matthieu Bideau. Corrispondeva esattamente a quello che avremmo desiderato, anche se era ancora giovane nel fisico e nella testa».
Alla Jonelière, questa immaturità gli ha giocato qualche brutto scherzo. Gli allenatori sono affezionati a quel ragazzo talentuoso ma non ancora pronto per le esigenze del calcio di alto livello. Mathias Coureur, capocannoniere del campionato bulgaro che ha conosciuto Loïc a Nantes, conferma: « Loïc è un ragazzo che non ha mai dubbi, ma ha un po’ la testa per aria. È il classico tipo che, se c’è un allenamento alle 16, si presenta al campo alle 15 ma entra in campo alle 16.10 perché faceva scherzi in spogliatoio». Con il primo grande assegno, ha acquistato una vettura di grossa cilindrata ancora prima di aver debuttato da professionista. A detta di tutti, essere diventato padre per la prima volta ad appena diciotto anni l’ha aiutato nella ricerca della maturità. «Non potevo rimanere un ragazzino», ammette oggi guardandosi indietro. Sébastien Faure replica: «Era paradossale perché sentivi che su certe questioni poteva essere molto maturo e per noi era chiaro che fosse legato alla paternità. D’altro lato, faceva il buffone, metteva tutti di buonumore. A volte tentavamo di calmarlo con Gueïda Fofana (Ride). Ma era adorabile, piacevole».
Tempi duri con i Canarini
Sfortunatamente, Loïc non sbarca tra i professionisti a Nantes nelle migliori condizioni. Come Sofiane Hanni, Vincent Sasso o Adrien Trebel, non si stabilizza nella Loire-Atlantique nell’anticamera dell’élite. Anche se firma il primo contratto da professionista, l’ambiente è troppo instabile: «Loïc faceva parte della generazione del Nantes che il Nantes aspettava da tanto, confida Mathias Coureur. I tifosi si sono certamente detti che era da quella generazione che si sarebbe dovuti ripartire. Ma quei ragazzi hanno visto che la situazione a Nantes era in quel periodo pessima. Sono scappati per evitare problemi. Eravamo 40 giocatori, i tifosi non erano contenti, c’era un problema di dialogo tra i coach della prima squadra e gli allenatori delle giovanili. Non penso che fosse un buon ambiente per un neo-professionista». «Volevo restare a Nantes, afferma Loïc Nego. Ma Guy Hillion era arrivato come direttore sportivo e aveva deciso di cambiare tutto. Non mi era piaciuto. Mi aveva chiaramente mostrato che non era la sua priorità fare di me quello che altri avrebbero voluto all’interno del club. Non ho apprezzato, e le nostre strade si sono separate. Sono stato messo da parte. Mi ha fatto capire che non avrei più giocato al Nantes».
Fortunatamente per lui, Francis Smerecki osserva i suoi progressi. Da tre anni lo allena nelle nazionali giovanili dei Bleus, non dimentica che Nego ha fatto parte della squadra che l’ha condotto sul tetto d’Europa nel 2010 e fa di tutto per permettergli di avere ritmo nelle gambe in vista dei Mondiali U20 in programma ad agosto. «La nazionale francese era una boccata d’aria fresca. A Nantes, comunque, andava tutto bene nel settore giovanile. Lì ho appreso tutto, ho avuto una formazione molto buona. Per salire tra i pro, bisogna essere pronti dal punto di vista della qualità ma anche nella testa. Quando ero più giovane, io non lo ero, riconosce Nego un decennio più tardi. Smerecki prestava attenzione alla mia situazione, al punto che mi aggregò con l’Under 21 per il Torneo di Tolone in modo che potessi giocare più partite prima della Coppa del Mondo U20». Nel torneo, simbolicamente, affronta l’Ungheria e un certo Péter Gulácsi… Nove anni più tardi, dopo il famoso incontro con l’Islanda che ha ricordato al mondo dove si trovava Loïc Nego, il primo riflesso dell’ex Nantes è stato di chiamare la mamma che seguiva il match nella regione di Parigi. «Quando ero piccolo, l’ho vista piangere per tante ragioni. Non mi piaceva vederla piangere. Ma quel giorno non mi è dispiaciuto perché quelle erano lacrime di fierezza». Sei mesi fa, dopo aver firmato il prolungamento del contratto con il Vidi, Loïc Nego ha chiamato Matthieu Bideau per dargli una bella notizia: « Matthieu, sai una cosa? Ho firmato e ho comprato una casa a mamma». «È stato bello, visto tutto quello che abbiamo vissuto insieme, concludo Matthieu Bideau. Ha vissuto poco suo padre, ha avuto presto la responsabilità della famiglia ma in un senso positivo. È questo che fa piacere della sua riuscita». L’estate prossima, Loïc Nego avrà una famiglia sotto la sua responsabilità: la nazionale dell’Ungheria.