Spielverlagerung, 22/3/2021
Traduzione (non integrale) di Alessandro Mastroluca
L’immagine di Guardiola nel calcio è difficile da descrivere. Per quanto polarizzante, tutti almeno sono d’accordo sul fatto che sia un innovatore unico. Curiosamente, è divisivo proprio per questo accordo fra critici e tifosi. Il discorso pubblico sul suo Barcellona si concentrava sul calcio di posizione e – anche in contrasto rispetto alla Spagna di Aragonés che trionfava all’Europeo – si concentrava sul modo di giocare e su quanto fosse diverso da tutti gli altri. La costruzione dal basso, la densità al centro pur mantenendo ampiezza e profondità, la pressione estrema con una linea difensiva altissima per il recupero del pallone il prima possibile hanno conquistato il calcio allora (con due Champions vinte in quattro stagioni) e, da quel momento, hanno influenzato le idee di altre squadre. Alcuni di questi concetti, Guardiola li aveva già sperimentati nel Barcellona B.
Guardiola è rimasto in prima fila nell’evoluzione della sua rivoluzione, ma il suo vantaggio sugli altri allenatori è sembrato assottigliarsi nel tempo. A volte, Guardiola è stato criticato per essere stato troppo ansioso di incrementare questo gap sui concorrenti, e i rivali hanno dato l’impressione di concentrarsi su altri aspetti importanti, come i contropiede, in maniera più accurata.
(…)
L’uomo che capace solo di battere se stesso
Guardiola non si è preoccupato troppo delle critiche ricevute e fin dalle primissime settimane del suo anno sabbatico, in seguito all’addio al Barcellona, sembrava essere la persona più ricercata nel mercato calcistico per la stagione successiva. Nonostante il suo periodo al Bayern Monaco non abbia soddisfatto desideri e aspettative, la sua squadra ha giocato in molti casi un calcio estremamente brillante e vissuto stagioni di successo a livello nazionale. (…) Pur chiaramente riconoscibile come una squadra di Guardiola, è emersa una diversa flessibilità dal punto di vista tattico e strategico. I mancati successi in Champions League insieme agli adattamenti di Guardiola hanno comportato un cambiamento nell’immagine trasmessa dai media: da tecnico imbattibile, ad allenatore quasi imbattibile che pensa e modifica troppo finendo per battersi da solo ai massimi livelli senza le stelle del Barcellona. Questa narrazione, però, valeva solo per i media: nella bolla del pallone, la sua immagine non è cambiata in quegli anni e il Manchester City le ha provate tutte per portarlo via da Monaco di Baviera.
La controparte per sconfiggerlo
Dopo le prime tre stagioni al Manchester City, l’immagine di Guardiola è cambiata molto. Nonostante abbia vinto (“solo”) in ambito nazionale, la narrazione è peggiorata. Si è detto che Guardiola fosse diventato il nemico di se stesso, che fosse stato “neutralizzato” – soprattutto da Jürgen Klopp, il cui approccio entusiastico alla leadership e allo stile di gioco apparivano un’opposizione perfetta a Guardiola e ne facevano un candidato al ruolo di miglior allenatore del mondo. Oltre a un’attenzione maggiore al gioco posizionale rispetto ai tempi di Dortmund, sembrava quasi come se i contropiede, una certa fisicità nella pressione e varie strategie da calcio piazzato fossero una soluzione per opporsi allo stile di Guardiola. A volte, questa narrazione è sembrata così semplice da dover essere vera. I duelli con Klopp in Germania con il Borussia e in Inghilterra con il Liverpool lo hanno costretto ad adattamenti inusuali anche per lui, portandolo a rinunciare parzialmente ai suoi principi o vedendo questi ultimi puniti dalle sconfitte.
(…)
Nella scorsa stagione, rispetto al “Liverpool completo” di Klopp, il calcio di Guardiola sembrava stagnante, incapace di rispondere ai cambiamenti che la realtà lo costringeva ad accettare, non solo riguardanti le sue idee di gioco ma pure se stesso. Anche se nessuno ha chiesto al Liverpool di aggiornare il proprio stile, Klopp sembrava aver vinto la battaglia quando metteva gli avversari del Liverpool in una camera di tortura in ogni fase di gioco. (…)
Pochi mesi dopo però è cambiato tutto. Klopp sta facendo fatica (dopo aver portato il Liverpool al primo titolo dopo non si sa quanto) e deve lottare per finire fra le prime quattro, il Manchester City sta dominando ed è favorita per vincere il campionato e le altre competizioni [nelle quali ha già vinto o è ancora in corsa, N.d.T]. Il manager catalano l’ha attribuito ad una serie di fattori, come una diversa concentrazione, un maggior spirito di squadra, perfino un “sonno migliore”. In campo, però, sembrano esserci almeno una o due ragioni ulteriori per questo processo.
L’ultima soluzione di Guardiola è aggiornare se stesso
Anche se molte statistiche non evidenziano alcun grande cambiamento – nemmeno nella scorsa stagione nella quale in base a molti dati il City è stato superiore al Liverpool -, i risultati e gli spettatori più attenti parleranno a lungo della partita contro il Southampton, proprio come fa il tecnico stesso. Da allora cosa è cambiato? Potremmo dire, se vogliamo portare la narrazione alla sua conclusione pur mantenendo almeno un po’ di logica, che i continui ritocchi e le infinite riflessioni di Guardiola abbiano finalmente portato al prodotto finito.
All’inizio della stagione, veniva regolarmente usato un 4-1-2-3 con differenti schemi e formazioni, ovviamente in base agli avversari. Tra i cambiamenti più tipici di Guardiola, c’era De Bruyne mascherato da numero 9 o da numero 8.
Nelle ultime settimane, è emerso un pattern diverso. Come il suo mentore ed ex coach Johan Cruijff, Guardiola ha iniziato a usare un 3-Rombo-3. Come nel 5-0 al Real Madrid, si può anche parlare di 3-2-2-3. Il problema per gli avversari sta in questa piccola, ma significativa (possibilità di) variazione.
Cancelo o Zinchenko si sono alternati nel ruolo di secondo pivot accanto a Rodri o, più raramente, come terzo centrocampista offensivo. Guardiola opta prevalentemente per un centrocampo “a scatola” (un quadrilatero con due linee da due, N.d.T) con Rodri che può scivolare a sinistra e Walker sulla destra, oppure Laporte a sinistra quando i centrali salgono e Cancelo rimane di fronte alla difesa per consentire una linea di passaggio. Contro un avversario diverso, un centrocampo a rombo può offrire più opzioni di passaggio fra le linee, aggiunge profondità al gioco, consente di posizionare un giocatore in ogni spazio libero nel centrocampo avversario e funziona con un solo regista basso. Ma viene usato poco, diventa solo un pattern che si sviluppa con la circolazione del pallone. Se gli avversari pressano alti o giocano con un centrocampo molto compatto, c’è la possibilità di muovere verso le fasce Gündogan o Bernardo Silva per sviluppare la manovra in maniera simile a quello che accade quando Rodri si abbassa.
Il segreto, tuttavia, sta nell’enorme ampiezza che questi giocatori generano. Sia che giochino con le due linee da due, sia che si schierino con il rombo, gli avversari si trovano di fronte tre centrocampisti centrali e due ali larghe e molto alte che danno profondità, tengono bassa la linea difensiva avversaria e possono andare con successo all’uno contro uno. Inoltre, Gündogan, Silva o de Bruyne si muovono verso l’esterno e possono liberarsi, aprire il centro o creare superiorità numerica dialogando con le ali. Le occasionali sovrapposizioni dei centrali di difesa non semplificano le cose agli avversari. Per supportare questo movimento largo dei centrocampisti, il City non solo gioca con il “box midfielder” [centrocampo “a scatola”, N.d.T], ma anche con un centravanti che arretra e copre il buco al centro, attirando fuori posizione i difensori centrali avversari, mentre le ali e i centrocampisti minacciano possibili corse e inserimenti alle spalle dei rivali, e con l’attaccante centrale che sovraccarica la zona centrale creando una sorta di pentagono.
Questo vuol dire avere cinque giocatori in mezzo, ma con molta più ampiezza del normale, e con quattro di loro che si abbassano o si allargano per creare una soluzione di fronte a un pressing più intenso. Il ruolo dell’ala rimane chiave. Servono giocatori pronti ad andare uno contro uno o scattare alle spalle della difesa per aprire spazi, o andare a punire le chiusure avversarie dello spazio centrale, a volte anche sui lanci del portiere Ederson. Aggiungete le occasionali rotazioni da parte di centrocampisti, ali e attaccanti e capirete quanto il problema sia difficile da risolvere, e quanto sia quasi inimmaginabile eseguire una contromossa in maniera accurata.
L’idea del 3-2-2-3 con i suoi diversi schemi e dettagli curatissimi sembra essere il culmine personale di tutti i principi di Guardiola: ampiezza e profondità contestuali nell’ultima linea, ampiezza nella prima linea di costruzione, sovraccarichi flessibili al centro o sulle fasce, il tutto accompagnato allo stesso tempo dalla capacità di proteggere i punti deboli emersi in precedenza da strutture simili attraverso l’uso unico dei terzini e, ovviamente, dei profili dei propri giocatori.
L’idea di calcio di Guardiola non si concentra solo nei differenti tipi di superiorità, in quello che nei corsi per allenatori si sintetizza nel concetto del “tenere la palla”, se si vuole restare al livello superficiale della spiegazione. Ma sta nel togliere funzioni e compiti alla squadra che difende e mettere chi attacca in posizione di vantaggio. Contro un “falso nove”, i difensori centrali e i terzini perdono la loro funzione, in quanto occupati dalle due ali. […] Un pressing alto avrebbe quindi l’effetto di portare gli avversari ad allontanarsi troppo tra loro per poter rubare spazio e tempo in modo efficace agli uomini di Guardiola. Una rinuncia alla pressione, invece, porterebbe inevitabilmente alla sconfitta, salvo in caso di pareggi strappati con i denti o vittorie fortunose. Un pressing medio (vedasi quello di Klopp) sembrava poter dare una parziale soluzione all’enigma e la possibilità di giocarsela, almeno nella versione proposta dal Liverpool, che ha mostrato un pressing tra i migliori della storia del calcio. Ora come ora, è difficile che queste soluzioni portino a una vittoria non fortunata contro l’espressione aggiornata dei principi che Guardiola ha sempre avuto.
L’ultima soluzione potrebbe essere… l’ultima
La difesa a tre di Guardiola e le sue ali gli hanno dato l’occasione di aggiungere un altro giocatore nel cuore della formazione avversaria o portarne uno in maniera flessibile verso l’esterno per alleggerire la pressione o attirarla in modo controllato. Ovviamente, dipende molto dagli uomini a disposizione. Ederson è tanto unico quanto Cancelo, anche se nessuno dei due è bravo come Kevin De Bruyne, le qualità di Sterling possono essere il principale valore aggiunto per la conquista della Champions League e la partnership fra Dias e Stones è forse l’aspetto più importante del loro possesso palla. […]
Contrariamente ad altre precedenti strutture, il 3-2-2-3 di Guardiola può adattarsi a cambiamenti più grandi in modo preciso attraverso modifiche più piccole, mantenendo comunque il controllo della situazione. L’abilità del tecnico si rivela nei dettagli. Alcuni esempi? Appena un difensore centrale si alza per pressare il “falso 9”, o lui su sposta ancora più indietro, muovendosi lateralmente per forzare i difensori a cambiare le marcature e a perdere tempo e spazio, oppure ci saranno inserimenti dei centrocampisti o delle ali. Quando l’ala avversaria si allarga per tagliare i collegamenti da parte di Gündogan, in quel momento Gündogan risponde con un movimento nel corridoio interno lasciato scoperto. Se un terzino prova a correggere o coprire un compagno e a difendere alzando la linea contro l’ala del City, seguiranno immediatamente uno scatto in profondità e, se non ci sarà una reazione, un dribbling verso l’interno di Silva o Gündogan appena ricevuto il pallone, con un’azione pericolosa come conseguenza. Se sorge qualche dubbio, poi, nessun problema: palla al portiere e si ricomincia da dietro, usando la circolazione di palla per fare correre gli avversari fino a quando le loro gambe e/o le loro teste sono abbastanza stanche da destabilizzare l’organizzazione difensiva.
La brillantezza delle ali di Guardiola
Gli esterni di centrocampo spesso partono larghi e tagliano dentro, invece di fare il contrario. Perché? Se partissero più interni per allargarsi, sarebbe più difficile avere il timing giusto a causa della velocità di corsa e della postura, che a propria volta influenza la forma del corpo al momento di ricevere il pallone in quanto rivolto verso l’esterno nell’atto di ritornare velocemente in posizione. Se partono larghi, ricevono palla sul piede giusto e possono penetrare verso il centro dal corridoio interno, anziché ritrovarsi sotto pressione e con la faccia verso il proprio allenatore. Inoltre, partendo da una posizione più aperta allargano le linee di pressing avversarie e tagliare dentro, anche per l’orientamento del corpo, diventa più facile. Possono così ricevere palla centralmente quando sono già sulla corsa con la possibilità di dribblare un avversario mentre altri centrocampisti (che possono essere anche attaccanti o terzini) agiscono a supporto e le ali offrono diverse soluzioni per avanzare in profondità.
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In un certo senso, è interessante il confronto con lo sviluppo storico degli scacchi. Siegbert Tarrasch ha formulato diversi principi, fra i quali (basati su Wilhelm Steinitz) un diretto controllo del centro utilizzando i pedoni. La cosiddetta “Scuola iper-moderna” (rappresentata da Richard Réti, Aron Nimzowitsch e Savielly Tartakower) invece vedeva alcuni di questi concetti come troppo dogmatici e proponeva un controllo indiretto del centro attraverso pezzi lontani, invitando gli avversari a concentrare i pedoni nel mezzo per poi farne più facilmente gli obiettivi di un attacco o inchiodarli uno con l’altro. Soprattutto Aron Nimzowitsch è stato molto importante per questo, anche se l’ipermodernismo si classifica ancora come un’estensione ai fondamenti delle teorie degli scacchi ancora basate su modelli più classici.
Allo stesso modo, il posizionamento della squadra di Guardiola con le ali alte e larghe che minacciano la profondità, la costruzione dal basso con una linea a tre e la particolare posizione dei centrocampisti esterni sembra porsi come obiettivo la stessa provocazione della scuola di pensiero ipermoderna, ovvero: “Rinviare la diretta occupazione del centro attraverso il piano di distruggere l’avamposto centrale avversario”. […]
The Immortal Game
Lo stile di attacco del Manchester City ha un effetto domino sulla difesa. Il calcio di posizione lascia sempre la sensazione che ti manchi un giocatore (o una funzione) per una perfetta occupazione dello spazio: ampiezza nella prima linea, profondità nella prima linea, ampiezza nella linea arretrata, ampiezza in mezzo, densità a centrocampo e un’opzione che dia profondità nell’ultima linea. La soluzione ovvia e più rischiosa è spingere avanti il portiere (ad esempio in un 4-2-2-3). Guardiola ha risolto il problema in modo diverso già ai tempi del Barcellona – sparito il centravanti, vengono svolte tutte le altre funzioni. I centrocampisti centrali, le ali e i tre difensori danno ampiezza con i centrocampisti che tagliano dentro. La concatenazione di tutte le fasi di gioco comporta, di conseguenza, che una volta perso il possesso tutti i dieci giocatori di movimento occupino una posizione che non è la più profonda, la più avanzata. Unisci tutto questo alle distanze brevi, ai passaggi corti, a schemi chiari, a un’elevata velocità di passaggi e all’abilità nel dribbling che porta a situazioni di pressione facilmente osservabili e a fasi di transizione che non solo sono ben “preparate” ma conducono anche a stringersi velocemente contro-pressare in modo corretto. Insieme a qualche fallo tattico e a una fantastica difesa, diventa praticamente impossibile segnare ormai segnare in transizione al City. La qualità della struttura posizionale, i suoi schemi e principi conducono a una identica qualità in difesa e in transizione.
[…]
Ci sono domande senza risposte nella difesa di oggi?
La premessa di questo articolo è che Guardiola abbia risolto i problemi della difesa tradizionale. Ma qualche soluzione si può ancora trovare. Le sue squadre perderanno ancora partite, magari saranno escluse dalle competizioni. Anche le più grandi squadre possono essere sconfitte da formazioni più deboli ma forse più specializzate – a volte aggirando invece di sfidare i loro punti di forza. Accanto a idee meno ovvie (asimmetrie, nuovi concetti, esecuzione particolarmente buona), un gioco posizionale efficace e i calci piazzati possono diventare un fattore in futuro. La domanda è se schemi tipici possano essere più utili di altri o forzare il City ad adattamenti ancora maggiori.
A un livello basico, le squadre possono decidere se difendere a zona o a uomo. Se un allenatore sceglie quest’ultima opzione, la squadra rischia di perdere i rispettivi blocchi a causa delle rotazioni del City, delle qualità individuali e del coinvolgimento del portiere per cui da allenatore vorresti pregare e, idealmente, lasciare del tutto l’incarico. Ovviamente, un mix di difesa a uomo e a zona si potrebbe usare, anche se non bisognerebbe agitarsi troppo su questi concetti o sulle formazioni. Se decidi di passare a zona, la questione è come distribuisci le zone (che è più o meno la più importante singola ragione alla base delle formazioni).
Dato che non è consentito schierare zero o due portieri, per il piacere della discussione dovremmo discutere il numero di difensori nella linea arretrata. Con una difesa a quattro, ti ammazzeranno sui lati, con le loro ali, perché perdi giocatori nella linea difensiva per andarli a prendere. Se giochi con una linea a cinque, ti colpiranno al centro e con i loro difensori perché i tuoi avanzeranno per pressarli.
Allenatori un po’ più sofisticati potrebbero pensare di alzare la linea a cinque come strumento di difesa e magari rischiare un mal di testa per i continui cambi di marcatura. Il problema è che i giocatori vorranno spesso pressare all’interno della loro zona e fino a un certo punto; i calciatori del City ricercano costantemente questo tipo di movimenti tra gli avversari e si muovono all’indietro o di lato per spezzare la loro organizzazione o costringerli a cambiare gli accoppiamenti sulle lunghe distanze usando i contro-movimenti per attaccare quegli spazi. Farlo con una linea a quattro invece di una difesa a cinque con un 4-1-4-1 per sovraccaricare il centro e tenerli verso le fasce rende tutto molto più complicato. Il 4-1-4-1 appare una scelta suicida, tutto considerato.
Allora perché non un 4-2-3-1? Il Southampton ha provato con un 4-2-2-2 e un 4-2-3-1 e solo il background di Hasenhüttl in termini di pressing ha evitato una fase difensiva comica sulle fasce (al contrario hanno offerto due buonissime prestazioni). Con i due pivot, la seconda punta / i centravanti potranno essere aggirati. Se difendi a zona e spingi in maniera flessibile in un 4-4-2 contro difese più strette e in un 4-2-3-1 contro squadre più larghe, potrebbe anche funzionare ma è un tremendo rompicapo.
Lo scenario peggiore per il City: Rodri o Cancelo arretrano per creare un 4v3 in prima linea, se Ederson non riesce ad essere di sufficiente aiuto. Se i difensori centrali reagiscono troppo ai loro attaccanti o alle ali avversarie, i centrocampisti andranno per vie centrali. È questa la ragione principale per cui molti li marcano a uomo con i centrocampisti e aprono il centro dove nelle buone giornate può scatenarsi il centravanti; salire con i difensori centrali condurrà alle rotazioni viste prima, spostarsi lateralmente con il centrocampista centrale sul lato debole porterà solo a un altro scivolamento finché l’ultimo centrocampista dalla parte opposta non sarà in grado di arrivare in tempo per dare supporto al terzino.
Ora… 4-2-3-1? La costante circolazione potrebbe non aiutarli a superare il centrocampo, e vale anche per squadre che non avrebbero problemi a vederli sovraccaricare il centro e portare uomini in ogni corridoio libero a centrocampo, ma comporterebbe l’avanzamento di un terzo uomo. E questo a sua volta porterebbe a un meccanismo di progressione e scambi. Se i due centrocampisti offensivi (i “2” del 4-3-2-1) rimangono costantemente stretti, la difesa potrebbe scivolare in tempo ma recuperare il pallone così appare impossibile, se non addirittura distopico.
Un 4-4-2 con il centrocampo a rombo sembra offrire le maggiori probabilità di mettere il City sotto pressione, ma attaccanti e centrocampisti devono essere perfetti nel chiudere le linee di passaggio dalla difesa al centrocampo e allo stesso tempo nell’evitare le sovrapposizioni dei difensori centrali sui lati. Anche un solo scambio di posizione potrebbe essere catastrofico in quanto sarebbe duro recuperare in tempo per difendere l’area.
Dunque, giocate con un 4-4-2 a rombo, un 4-2-3-1 stretto o un 4-3-2-1 e potreste essere fortunati abbastanza, se siete preparati a correre notte e giorno, da difendere il centro del campo. A meno che loro non riescano a combinare negli spazi stretti oppure un giocatore si stanca, perde la pazienza o diventi più umano di quelli del City commettendo un errore.
Una linea a cinque può funzionare se funzionano bene i continui cambi di marcatura oppure se i giocatori riescono a ignorare i cambi di zona continuando a stare sulle tracce dell’avversario in quel momento nella loro zona di competenza. Come fa a volte l’Atalanta che porta avanti il laterale della difesa a tre a pressare i terzini avversari che avanzano se l’esterno di centrocampo è occupato a marcare l’ala. In questi due casi, se è accettabile la variabilità o si possiedono giocatori le cui caratteristiche consentono di bypassarla, la difesa a cinque può essere un buon approccio. Un 3-4-2-1 / 5-2-3 potrebbe portarli a guadagnare campo attraverso i corridoi centrali, mentre un 3-3-2-2 / 5-3-2 sarà costantemente spinto da un lato all’altro fino a spezzarsi con i centravanti che cercheranno di giocare vicini per permettere ai compagni di girare loro intorno e avanzare. Ma un mix asimmetrico dei due sistemi ha funzionato bene, di recente, per il West Ham.
(…)
Ma alla fine, ogni soluzione teorica sarà un punto interrogativo dal punto di vista dell’applicazione pratica. Non è solo una questione di tattica e di esecuzione, ma anche fisica. Quanto sono preparati i giocatori a mettere in campo tutte queste azioni per oltre 90 minuti? Più pressi alto, più fai fatica. Squadre come il Southampton, il Liverpool o il Chelsea hanno iniziato bene ma non hanno retto nel secondo tempo. E aspettarli indietro potrebbe non essere nemmeno più utile e meno stancante, è solo meno visibile. Contropressing e posizionamento nelle transizione negative potrebbero essere gli aspetti più fastidiosi del loro gioco di posizione.
D’altro canto, se una squadra sceglie di difendere più bassa, avrà meno tempo e spazio per iniziare la transizione positiva pur avendo più spazio alle spalle della difesa del City (…).
Dall’altro lato se le squadre decidono di difendere più profonde, c’è minor tempo e spazio per iniziare la transizione, anche se c’è più spazio dietro la difesa del City. (…) Il problema sarebbe attendersi che un approccio funzioni costantemente e che sia abbastanza, contro una squadra di grandissimo livello, con giocatori capaci di risolvere problemi e un allenatore in gradi di adattarsi velocemente (…).
Per quanto possa sembrare banale, utilizzare De Bruyne o Silva come mezze ali fa la differenza, schierare Zinchenko al posto di Cancelo offre un focus diverso al gioco, sostituire Stones o Dias con Laporte cambia il ritmo, come utilizzare un particolare tipo di centravanti rappresentano variazioni significative a quel livello.
Non è la stessa cosa quando la palla arriva alle spalle del centrocampo avversario se c’è De Bruyne che la porta avanti, Silva che avanza dietro la difesa, Jesus che si sposta verso l’esterno o Agüero concentrato sempre a puntare la porta. (…)
Servono nuove domande
Guardiola sembra aver risolto entrambe le facce della moneta “Spazio-Tempo” come la chiamano tanti che hanno frequentato La Masia (compreso il ripetitivo manager dell’Al-Sadd, Xavi). Il concetto è relativamente semplice, più di quanto potrebbe sembrare a una prima osservazione. È la base delle assunzioni e delle idee del Gioco di Posizione e la base generale di come funziona oggi il calcio sul campo. [Il primo aspetto è lo spazio]. Nel tentativo di diventare un’opzione per un passaggio, i giocatori tengono occupati gli avversari. Se non sono né troppo vicini né troppo lontani rispetto ai compagni di squadra (attraverso giuste distanze e buoni angoli) e dalla palla, gli avversari si allungheranno nel tentativo di coprire le linee di passaggio. E questo apre spazi (…). Le cinque superiorità della scuola di pensiero (dell’ex preparatore atletico) Seirullo a Barcellona – posizionale, numerica, individuale, dinamica e socio-affettiva – si creano prevalentemente attraverso principi di posizione nello spazio del campo in relazione ai compagni di squadra e agli avversari. L’algoritmo di Guardiola sulle strutture spaziali sembra finito con il 3-2-2-3. (…) Guardiola sembra concentrato sempre più sulla superiorità e sulle funzioni dei giocatori. Ad esempio, accanto al concetto di superiorità, ci sono categorizzazioni per gli spazi che si definiscono intorno al pallone: lo “spazio di intervento” che circonda direttamente la palla, lo spazio di ”aiuto reciproco” vicino al pallone e lo “spazio di cooperazione” più lontano dalla palla. La logica in questo caso è che ci sono spazi, e che sono (inter-)connessioni e (inter-)azioni rilevanti in questi spazi. Il pensiero dunque si sta muovendo oltre le linee dei moduli nelle formazioni (non chiare in campo come su una lavagna) e sempre più verso le connessioni dei giocatori, le loro possibilità, le linee di passaggio, gli schemi di dribbling, le fasi con il pallone nel contesto delle fasi di gioco (…)
Manipolare il tempo è più difficile da analizzare, descrivere e allenare. (…) Richiede un’intenzione – capire se uno scambio rapido sarà il solo modo per avanzare o se una piccola pausa permetterà a un compagno di girarsi prima di ricevere il pallone o di aprire un’altra linea di passaggio. Quello che è davvero speciale è come i giocatori del City sembrino capire che non solo le loro posizioni offrono spazio e tempo per se stessi e per gli altri, ma tutto il processo delle loro azioni e movimenti consente di manipolare il tempo in campo attraverso il ritmo e la velocità.
Grazie per tutte le vittorie
La storia del calcio è piena di centinaia di invenzioni tattiche, migliaia di variazioni di schemi e infiniti adattamenti con alcune idee scartate, altre che modificano il paradigma di gestione in un ciclo piuttosto ripetitivo e alcune in grado di dare una forma nuova agli standard della conoscenza. Guardiola, tuttavia, ha dichiarato guerra a tutti i concetti accumulati sulla difesa (…) Il calcio non sarà lo stesso dopo Guardiola, nemmeno dopo potenziali cambiamenti regolamentari. Ora il calcio deve reagire a Guardiola e cambiare se stesso (…)
Questo articolo è un progetto nato da una collaborazione fra autori di Spielverlagerung (Judah Davies, Pablo Rodriguez, Adin Osmanbasic, Martin Rafelt) e il fantastico Addis Worku (@addisworku431) che ha guardato quasi tutte le le partite e le conferenze stampa del Manchester City nelle ultime stagioni, con l’assistente del Borussia Mönchengladbach René Marić che ha fornito feedback e informazioni aggiuntive