di Saša Ibrulj – Telesport, 22/01/2021

Traduzione di Alex Čizmić

A Ivaylo Petev servirà un miracolo per poter far bene con la Bosnia Erzegovina.

Anche questo giorno è arrivato, la farsa è finalmente finita. O almeno i suoi pochi episodi introduttivi. La nazionale di calcio della Bosnia Erzegovina ha un nuovo allenatore. Come si è ipotizzato o – senza mentire – come si sapeva, il tredicesimo ct nella storia della nazionale balcanica sarà Ivaylo Petev. Il 45enne bulgaro sarà presentato ufficialmente la prossima settimana e farà il suo debutto il 24 marzo in Finlandia in occasione della gara d’apertura delle qualificazioni alla Coppa del Mondo 2022 in Qatar.

L’iter attraverso cui si è giunti al nome del candidato ideale è stato esattamente quello che ci si aspetterebbe, stando alla tradizionale organizzazione e reputazione di cui godono la NSBiH (Nogometni Savez Bosne i Hercegovine, la Federcalcio bosniaco-erzegovese, NdT) e gli analfabeti che la guidano.

Una selezione priva di ogni trasparenza e competenza, senza criteri chiari, seguito dal classico scaricabarile di responsabilità. Condito da giochi sporchi e bugie, accuse reciproche e conflitti di clan, frodi e accordi, lastricato di populismo a buon mercato e disgustoso nazionalismo. È stato ancora una volta una messinscena inguardabile e disgustosa, realizzata principalmente per misurare la forza del nuovo presidente Vice Zeljković (e di Ivan Beus come suo collaboratore silenzioso ma importante) e dei suoi leccapiedi da un lato e dell’ex presidente Elvedin Begić (che ricopre la carica di presidente onorario a vita) e dei suoi seguaci dall’altro.

La prima domanda che rimane ancora oggi senza risposta è come un certo Ivaylo Petev sia entrato nei radar della federazione che finora, quando si è affidata a tecnici stranieri, aveva dato una possibilità solo a ct croati – Miroslav Blažević, nato in Bosnia Erzegovina, e Robert Prosinečki. Se seguite il calcio croato almeno occasionalmente, con molta probabilità ricorderete, anche solo vagamente, il percorso di Petev antecedente al settembre 2016.

Calciatore mediocre, Petev è entrato in scena quando a soli 35 anni il miliardario Kiril Domushchiev gli assegnò la panchina del Ludogorets, al tempo in seconda divisione. Petev gli restituì la fiducia con la promozione nella massima serie e la vittoria di due scudetti. L’eliminazione all’ottavo minuto di recupero nella partita di ritorno del turno di qualificazione alla Champions League contro la Dinamo Zagabria, disputata al Maksimir nel 2012, lo ha trasformato in un amico intimo della famiglia Mamić e in un candidato permanente alla panchina del club croato. Nel frattempo, aveva allenato anche l’AEL Limassol a Cipro e la nazionale bulgara ed era balzato alle cronache quando i tifosi del Levski Sofia lo spogliarono e lo fecero licenziare in conferenza stampa.

Col tempo il suo curriculum è stato ricamato dai media croati a tal punto che, al momento del suo arrivo a Zagabria nel settembre 2016, fu presentato come uno degli allenatori più talentuosi d’Europa. Ci si aspettava molto da lui. Veniva elogiato ad alta voce e l’incredibile ascesa del Ludogorets, unito al trionfo con la nazionale bulgara in Portogallo, venivano citati costantemente. Col passare del tempo, però, Petev ha subito la classica metamorfosi mediatica: in 10 mesi è passato dall’essere il migliore in Europa all’essere descritto come un Bratko confuso e successivamente come un avido bulgaro incapace e indesiderato. La storia ufficiale della HNL (Hrvatska Nogometna Liga, il campionato croato di prima divisione, N.d.T) e della Dinamo lo ricorderà come l’unico tecnico che dal 2006 non è riuscito a vincere il campionato, né altri trofei, con la squadra di Zagabria. Il distacco di quattro punti dal Rijeka, che gli soffiò anche la Coppa nazionale, fu – come dicono – irreparabile.

Dopo aver lasciato Zagabria, il suo curriculum ha continuato a perdere valore. A Omonia, nonostante abbia provato a tirarsene fuori affermando di essere stato frainteso, è stato esonerato perché accusava i giocatori di combine; in Arabia Saudita ha collezionato sei vittorie in 21 partite, lo stesso numero di successi che ha raccolto in Polonia con lo Jagiellonia in 17 gare. Petev si vanta ancora dei titoli conquistati col Ludogorets, ma questi sono vecchi di otto anni. Anche in Bulgaria il giudizio nei suoi confronti è tutt’altro che positivo e quanto fatto negli ultimi anni conferma che la sua carriera è in fase discendente.

E poi si è semplicemente trovato a Sarajevo ed è stato accolto dalla commissione preposta alla ricerca del ct, composta da Zvjezdan Misimović e Emir Spahić, che erano stati recentemente nominati. La teoria che lui sia la proposta di Misimović è solida tanto quanto l’ipotesi che, quando stavano scegliendo il nuovo ct, si sia trovato lì per caso e sia inciampato sulla soglia d’ingresso del palazzo della federazione. Non c’è dubbio che Petev sia un’idea di Zeljković, cosa che lui stesso ha confermato, e che Misimović abbia solo messo il tutto nero su bianco. Petev, però, non è comparso in sogno a Zeljković. Qualcuno – e si vocifera che potrebbe essere stato Zdravko Mamić – gli ha sussurrato il suo nome all’orecchio.

Ma in tutto ciò, da cosa è atteso Petev nel suo nuovo incarico?

È chiaro che il modo in cui è stato scelto deve aver lasciato un segno profondo nell’ambiente già disturbato in cui vive questa sfortunata nazionale. Si tratta infatti di una fossa, un enorme cratere che si sta aprendo da anni e per il quale gli eventi degli ultimi due mesi sono stati solo la ciliegina sulla torta che renderanno infinitamente più difficile il lavoro del bulgaro.

Durante il mandato di Elvedin Begić, la Bosnia Erzegovina è scivolata dalla prima alla quarta fascia, non riuscendo a qualificarsi agli ultimi tre tornei tra Mondiali ed Europei. La Bosnia Erzegovina non ha vinto una sola partita nel 2020 segnato dal Coronavirus; nelle ultime dieci è riuscita a battere solo il Liechtenstein e nelle ultime venti ha ottenuto quattro misere vittorie. Ha provato più di 70 giocatori di ogni tipo, ha cambiato quattro selezionatori ma nulla di tutto ciò ha aiutato, proprio nulla.

L’atmosfera è diventata tossica. Anche i giocatori si lamentano dell’ambiente, i tifosi soffrono e voltano lentamente le spalle. Le cose stanno precipitando da anni e molto velocemente. In poche parole, la situazione è catastrofica.

Il fatto che – almeno secondo la fragile versione ufficiale – l’unico concorrente per il posto di ct fosse il leggendario capitano Sergej Barbarez, che la gente semplicemente adora, è di per sé un’aggravante per Petev. L’opinione pubblica non lo vuole e lo considera funzionale esclusivamente ai dirigenti della federazione (cosa che, in una certa misura, ha confermato permettendo loro di scegliere il suo staff) e facile da manipolare. In definitiva, un allenatore non abbastanza capace e indegno per la nazionale della Bosnia Erzegovina, soprattutto per la crisi in cui si trova.

Dovrà quindi fare un miracolo per poter definire riuscito il suo lavoro. Schiacciato da enormi pressioni, sgradito all’opinione pubblica, con assistenti che non conosce, con molti dei giocatori che hanno sostenuto la candidatura di Barbarez e criticato l’operato della federazione, senza il supporto dei tifosi e senza un’organizzazione già rodata, Petev dovrà cercare di ristabilire l’ordine dall’oggi al domani. Per avere successo e ribaltare la situazione, dovrà prima di tutto imporre la propria autorità, ripristinare la disciplina nello spogliatoio e costruire da zero uno spirito di squadra quasi inesistente. In due anni (ha firmato un 2+2) deve rifare completamente il look alla nazionale, cambiarla radicalmente. A tutto questo va aggiunto il fatto che mancano due mesi, e due allenamenti, alla prima partita contro la Finlandia. Dopodiché la Bosnia Erzegovina ospiterà i campioni del mondo della Francia.

Il che ci porta all’ultima domanda, la più importante. Perché proprio Petev? Sarà capace di fare tutto il necessario per fare tabula rasa e far uscire la nazionale dall’abisso in cui è precipitata?

La sua Dinamo Zagabria, con cui comunque aveva un contratto fino al 2020, possedeva idee semplici ma chiare. Fin dai tempi del Ludogorets, Petev ha privilegiato un sistema con due centrocampisti difensivi, potenziando il ruolo degli esterni d’attacco, il che è simile all’idea di gioco che la Bosnia Erzegovina ha espresso negli ultimi anni. Raramente la Dinamo di Petev era dominante, ma quel sistema andava bene per la rosa della squadra. In quel campionato la Dinamo perse solo contro Hajduk e Slaven Belupo, ma ciò fu sufficiente per perdere il titolo e ottenere lo status di incapace.

Nelle partite importanti contro rivali migliori, il già difensivista Petev non esita a chiudersi completamente: in Champions League la sua Dinamo non ha segnato un solo gol e in quattro partite ha calciato cinque volte nello specchio della porta. Anche se così facendo viene ingigantita la sua esperienza, è interessante notare che nelle 11 partite giocate dai suoi club in Europa abbia ricavato una sola vittoria e un pareggio. In 35 partite, solo in otto occasioni la sua Dinamo ha segnato più di due gol; in 17 partite con lo Jagiellonia, undici volte la squadra ha segnato un solo gol o è rimasta a secco.

Petev è uno di quegli allenatori che non nasconde la sua grande autostima, che spesso si “meraviglia” pubblicamente dello scarso impegno dei suoi giocatori, che rivela la sua insoddisfazione per i singoli e improvvisamente se la prende con qualcuno di loro. D’altra parte, per lui non è un problema soddisfare i desideri del capo, il che non suona bene nel contesto di questa nazionale. Non è estraneo a un tipo di rotazione insolita e talvolta folle: in 13 partite con la nazionale bulgara, ha convocato ben 57 giocatori. Spesso, la combinazione di tutto ciò genera caos nello spogliatoio, su cui Petev ha perso il controllo a Cipro, nella nazionale bulgara e soprattutto alla Dinamo.

Tuttavia, Petev non è un incapace come viene esageratamente descritto: è un allenatore tatticamente istruito, le sue squadre possiedono una visione e un piano di gioco chiari e non esita a dare spazio ai giovani giocatori di cui ha grande fiducia.

Questa è in realtà la parte più triste dell’intera storia. Negli oltre due mesi in cui il suo nome è stato spinto all’interno della federazione, nelle decine di dichiarazioni, durante la presentazione ufficiale e sui media, nessuno ha mai parlato di Petev come allenatore. Anche se ha lavorato in Croazia, anche se il mondo del calcio è più piccolo che mai, non si è andati oltre Wikipedia, Transfermarkt e l’elenco dei suoi risultati. Nessuno ha menzionato i suoi pregi e difetti. Nessuno della Federcalcio ha mai risposto alla domanda sul perché Ivaylo Petev sia stato scelto.

E questo non è mai un buon segno. A parte il fatto che non capiscono di calcio e che del calcio giocato se ne fregano, danno anche l’impressione che l’unica cosa che conta per loro è la possibilità di manipolare e avere il controllo completo sul ct.

Spetta a Petev dimostrare il contrario.

Le cose belle si fanno sempre un po’ attendere … Come un gol al novantesimo

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