di Sebastián Chittadini – Lastima a nadie maestro, 11/6/2021
Traduzione di Roberto Brambilla
Il corpo già non risponde più
Addio gioventù dove
andrò se non ci sei
Sembri Pierrot
che era rimasto triste
ricordando un costume
che non serve più
Addio gioventù – Jaime Roos
Un venerdì di giugno alle tre del pomeriggio allo Stadio Belvedere non si sta ritirando solamente Washington Sebastián Abreu Gallo, ma la nostra vita ci sta avvisando che è autunno e si alzerà il sipario su quest’ultimo atto. El Loco smette di giocare quando vuole, cosa che non molti hanno potuto dire. E merita rispetto e riconoscimento, chiaro, anche se credevamo che avrebbe giocato per sempre e noi con lui sentendo che non eravamo così vecchi. Sulla schiena il numero 13 del Institución Atlética Sud América porta il peso degli sguardi di tutti quelli che sentivamo che qualcosa se ne stava andando.
Forse per alcuni un dettaglio insignificante, per altri un aneddoto, però qui sta salutando un uomo abbonato a fare Storia. Uno che è entrato alcuni minuti ai supplementari per chiudere con un rigore la partita più importante della Nazionale uruguaiana degli ultimi 40 anni, uno da Guinness dei primati, quello del mate, quello della maglia con mille e una toppa. È lui sì, ma allo stesso tempo non è solo lui. Smette di giocare contro il Liverpool di Montevideo, la stessa squadra contro cui aveva cominciato a esserlo 26 anni fa. È un eletto ed è pure – e tutti siamo con lui – l’ultimo calciatore che ha condiviso il campo con Diego Armando Maradona. O con il calcio, che è lo stesso.
«Vorrei vedere Diego per sempre», diceva la riedizione che i Ratones Paranoicos hanno fatto di un proprio tema. Vorremmo vedere per sempre anche il Loco Abreu e tanti altri, vorremmo tornare a rimanere a casa la domenica fino a sera vedendo Fútbol de Primera con quei giocatori della Eta che è finita, andare in edicola a comprare El Gráfico o scaricare Pc Calcio 6.0 con le toppe del calcio argentino e le telecronache di Marcelo Araujo.
Oggi con la fine dell’era Maradona finisce la nostra gioventù, termina qualcosa di quello che eravamo e che non siamo, mentre il ventesimo secolo ci ricorda in maniera non molto amichevole che se ne sono già andati ventuno anni. Che Diego è di tutti, già lo sapevamo. Però anche El Loco delle 31 maglie è un po’ di tutti. Perché il calcio è di tutti, alla fine e tutti ci sentiamo un po’ indifesi quando qualcosa finisce.
Parliamo di qualcosa che è cominciato il 20 ottobre 1976 con Diego Armando Maradona (nato nel 1960) che giocava contro calciatori nati negli Anni Quaranta ed è finita, oggi, undici giugno 1961 con Washington Sebastián Abreu che affronta ragazzi nati dopo il 2000. Abreu, venuto al mondo il 17 ottobre 1976 (tre giorni dopo il debutto in prima divisione di Diego) è nato insieme con l’Era Maradona ed è con la sua predilezione per i momenti importanti – l’incaricato di chiuderla in uno stadio dove in una delle sue tribune brilla la leggenda «Qui è nato il calcio uruguaiano» (alludendo alla prima partita della storia della Nazionale, casualmente contro l’Argentina). E qui non finisco le coincidenze che hanno unito il Loco e Diego, dato che entrambi hanno saputo condurre programmi TV, la famosa “Noche del Diez” trasmessa in Argentina da Canal 13, mentre “Noche de Locura” era sugli schemi di Canal 10
Il sole tramonta velocemente allo Stadio Belvedere, come tramonta il sole di questa epoca o come un pallone che cade in area aspettando che qualcuno la colpisca. Quando El Pampa Claudio Baggio – allenatore dell’ Institución Atlética Sud América – decide che al 72′ l’entrata del suo compagno d’attacco in quel Boca-San Lorenzo del 1997, la partita è sul 4-0 per il Liverpool. “Adiós juventud” di Jaime Roos dovrebbe essere la colonna sonora di questo momento in cui Abreu e tutti crediamo che ci sia un verso da dire prima di partire.
L’immagine di una sera qualsiasi d’autunno si abbina bene con quanto di crepuscolare c’è nella vita, con una partita senza storia in cui sarebbe arrivato solo un altro gol del Liverpool. El Loco avrebbe avuto sulla testa l’ultimo pallone dell’incontro, ma il suo colpo di testa sarebbe stato centrale e tra le mani del portiere. Forse è stata la nostalgia, ma ci si sono smosse molte cose con questo schiaffo dell’almanacco che ci avvisa che non siamo più giovani. Qualcuno ha detto che non lo siamo più quando non ci sono più giocatori della nostra età, quando ci rendiamo conto che è ridicolo idolatrare una persona che potrebbe essere nostro figlio, quando ci guardiamo intorno e non è rimasto nulla.
«Tutto alla fine finisce, niente può scappare» diceva una canzone che parlava del fatto che l’unica cosa che abbiamo è il presente. Tuttavia, anche se questo non sta segnando che qualcosa sta finendo di terminare, la barba canuta e gli occhi pieni di lacrime del Loco alla fine della partita ci fanno pensare che un’epoca si chiude, sì, ma che allo stesso tempo c’è qualcosa che continuerà a rimanere aperto per sempre, affinché ci possiamo tornare tutte le volte che sia necessario. Meglio di tutto l’ha detto lo stesso Abreu. «In nessun momento utilizzerò la parola ritiro, ma che lascio l’attività professionistica, perché tutti dicono che quando Abreu si ritirerà smetterà di esistere l’Era Maradona».