di Laure Giuily – SoFoot, 4/7/2021
Traduzione di Alessandro Bai
Organizzata d’impulso nel 2019, per fare trascorrere più velocemente il Ramadan, la Coppa d’Africa delle Nazioni del quartiere Goutte d’Or di Parigi è diventato l’evento che fa vibrare la zona. Abbiamo incontrato i fondatori.
Dopo 10 giorni d’interruzione, ufficialmente per le condizioni meteorologiche ma anche per dare un po’ di risposo a staff e giocatori, la Coppa d’Africa organizzata alla Goutte d’Or, quartiere popolare a nord di Parigi, è ricominciata al quadrato Léon [chiamato “square”, ovvero “quadrato”, dalla sua forma tipica, nonostante tecnicamente sia un rettangolo N.d.T]. E malgrado il tempo fosse sempre incerto, i tifosi del Mali sono accorsi numerosi per sostenere la propria squadra contro la Tunisia. Mentre gli anziani giocano a dama dall’altro lato del parco, piccoli e grandi accalcati intorno al campo urlano, contestano l’arbitro, insultano alcuni giocatori e omaggiano le prodezze di Boubou Bagayoko, l’attaccante maliano che è riuscito a segnare 5 gol in mezz’ora. Lo spettacolo sono loro, quasi alla pari dei giocatori che si sono dati alla pazza gioia. Risultato finale: 8-5 per il Mali. Fortunatamente, la Tunisia era già qualificata. «Mi rendono felice», dice Mamoudou, uno dei fondatori della competizione. Perché più che un torneo di calcio, quello che gli organizzatori cercano è «lo spettacolo», racconta il ragazzo di 24 anni che valuta se preparare dei fuochi d’artificio per la finale, che si terrà il 10 luglio, alla vigilia della finale di Euro 2020.
Tutto è cominciato da un «delirio». Nel maggio del 2019, durante un Ramadan torrido, Mamoudou, Lamine, Rayhan, Aladine e Mohamed vogliono «far passare il tempo» e «spezzare la routine». Questi giovani, che sono cresciuti alla Goutte d’Or e passano gran parte del loro tempo libero a giocare a calcio al quadrato Léon, si immaginano di creare un torneo, una Coppa d’Africa ma del loro quartiere. Un po’ sul modello della Coppa d’Africa di Evry [un comune francese nella regione dell’Île-de-France, N.d.T], lanciata un po’ di tempo prima, a qualche settimana dall’inizio della 32esima edizione della Coppa d’Africa giocatasi nel 2019 in Egitto. Questa idea, buttata lì su due piedi in pieno pomeriggio, resta loro in testa. «Abbiamo pensato tutti i dettagli tornando a casa», ricorda Mamoudou. La sera stessa nasce un gruppo WhatsApp e in qualche ora le squadre principali sono fatte.
«Non è lo stesso calcio»
Contrariamente alla Coppa d’Africa di Evry, che si disputa in un campo a 7, in questo caso non esistono discussioni: il torneo deve giocarsi al quadrato Léon, luogo di ritrovo del quartiere. «Volevamo assolutamente che si giocasse al quadrato, giochiamo qui ogni giorno da quando eravamo bambini», spiega Mamoudou. «È il cuore del quartiere». Data la dimensione del campo, da 15×22 metri, le partite si giocano 5 contro 5 su un terreno sintetico.
La scelta potrebbe sembrare irrilevante, ma per gli organizzatori in realtà è fondamentale e rende il loro torneo unico: «Bisogna essere molto più rapidi qui, ma anche fisici, perché ci sono più attacchi e contatti tra giocatori, si può giocare di sponda con il muro, non è lo stesso calcio. Devi conoscere bene il campo, ci sono delle zone in cui ci sono delle gobbe o dei buchi. Abbiamo portato qui calciatori professionisti che non riuscivano a giocare perché non avevano alcun riferimento, si sentivano perduti – prosegue Mamoudou – Anche per quanto riguarda l’ambiente che ci circonda, il pubblico non si siede in tribuna, è incollato al campo appena dietro le griglie, fanno parte del match. In termini di pressione, questo cambia tutto». Il primo anno venivano addirittura accettate delle scommesse, ma gli organizzatori non hanno voluto ripetere l’esperienza, perché «portava troppi problemi, c’erano spettatori che entravano in campo a contestare i falli, così abbiamo smesso».
E anche per quanto riguarda i falli, la Coppa d’Africa della Goutte d’Or ha le proprie regole: i corner si battono con le mani, e a partire dal sesto fallo – i primi cinque sono tollerati – ogni errore in più porta a un rigore per gli avversari. «Normalmente giochiamo senza rigori, ma in questo caso è per obbligare i giocatori a contenersi ed evitare di prenderci un tunnel che ci fa incazzare davanti a nostra sorella», precisa Lamine ridendo. In caso di dubbi, poi, gli arbitri possono chiedere aiuto al VAR, ovvero il computer di Nordine – vicino di Mamoudou – che filma tutte le partite e le trasmette in diretta su Instagram.
La nazionale francese è invitata al torneo
Un’organizzazione artigianale e poco costosa, poiché contrariamente alla vera Coppa d’Africa, finanziata e sponsorizzata da Total, quella della Goutte d’Or poggia solamente sulle quote versate dai giocatori e la buona volontà degli organizzatori. Dieci euro a persona che hanno permesso di rattoppare le griglie del campo, di investire in una pulitrice elettrica, di acquistare dei palloni, le bandiere che decorano le griglie e soprattutto il trofeo, vera replica di quello della Coppa d’Africa originale, sulla quale è stato inciso «Costa d’Avorio 2019», in omaggio ai vincitori della prima edizione. Per il resto, i bambini danno il proprio contributo raccogliendo i rifiuti nel quadrato, mentre Mamoudou dà una passata di pulitrice sul campo prima di ogni partita. Per qualche settimana prendono il posto del Comune, che tollera l’evento senza prendervi parte.
Quest’anno, gli organizzatori hanno potuto contare anche sul sostegno dei commercianti del quartiere. L’azienda ottica della Goutte d’Or regalerà un paio di occhiali da sole a tutti i membri della squadra vincitrice del torneo, ma soprattutto l’impresa Château rouge ha prodotto le magliette per le sedici squadre della competizione (Algeria, Camerun, Comore, Congo-Brazzaville, Repubblica democratica del Congo, Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Mali, Marocco, Mauritania, Nigeria, Senegal, Tunisia, Resto del mondo e la Francia, che partecipa all’edizione di quest’anno). «È un amico che gioca tutte le domeniche al quadrato che ci ha chiesto se potesse partecipare, così gli abbiamo detto di comporre la sua squadra. La Coppa d’Africa è solo un pretesto per creare unione, semplicemente in questo quartiere sarebbe difficile riuscire a fare un Europeo, ma cerchiamo di tenere aperta il più possibile la nostra competizione» chiarisce Lamine, coach della nuova squadra. «Ce ne freghiamo delle regole, non siamo mica la UEFA, se l’obiettivo è promuovere l’inclusione possiamo tranquillamente infrangere le regole e creare una nazionale francese». La Francia, che è tra le favorite, affronterà il Marocco venerdì nei quarti di finale.
«Desideravamo davvero creare un evento di quartiere» proseguono gli organizzatori, nostalgici dell’epoca in cui la festa della Goutte d’Or era un appuntamento imperdibile. «Prima, tutti i rapper che contavano un po’ venivano alla festa della Goutte d’Or. Adesso ci sono feste e rapper dappertutto, e di colpo questa celebrazione ha perso di importanza. Noi vogliamo creare qualcosa del genere, che muova e unisca». Ma neppure loro si aspettavano che funzionasse così bene: «Già al primo anno le cose erano andate molto bene, ma penso che con le magliette ci siamo superati», afferma fieramente Mamadou. Dall’inizio della Coppa d’Africa, non passa un giorno senza che sia assillato dai giornalisti o contattato da grandi sponsor come Nike, Adidas o beIN Sports, che vorrebbero prendere parte al torneo dell’anno prossimo. Su questi temi, però, Mamoudou resta cauto: «Per il momento sono concentrato su questo torneo, non su ciò che verrà dopo», afferma l’organizzatore, preoccupato di preservare l’identità di questa Coppa d’Africa di quartiere. «Volevo degli sponsor locali e li abbiamo trovati, adesso rifletterò su ciò che può essere più interessante per noi. Faremo attenzione, non ci piace l’idea che qualcun altro si possa appropriare della nostra creatura».