di Themis Kessaris – Sport24.gr, 04/07/2019
Traduzione di Enzo Navarra
Il viceministro dello Sport che diceva che fosse truccato. Il gioco puramente difensivo e la Dea bendata. La peggiore Nazionale ad aver mai vinto un Europeo e le parole di Rehhagel. La battuta ironica di un giocatore nei confronti del tecnico tedesco sul volo di ritorno. Quindici anni dopo il trionfo greco a Euro 2004, Themis Kessaris commenta le 12 bugie sull’impresa ottenuta in Portogallo.
Ogni storia ha il proprio modo di essere raccontata. La vittoria dell’Europeo in Portogallo compie 15 anni [è un articolo del 2019, N.d.T], è ormai adolescente e viaggia verso l’età adulta. Il 4 luglio la Grecia diventava campione d’Europa. Come ci è riuscita? Con un torneo truccato, giocato solo in difesa, con tanta fortuna ed è così che è arrivato un trionfo che non abbiamo mai sfruttato a dovere. Ma le cose sono andate davvero così?
L’EUROPEO ERA TRUCCATO PER LE SCOMMESSE E I GIOCHI OLIMPICI
Ecco la porta d’ingresso, il tornello che ci porta all’interno di questo grande argomento. O passi e continui per la tua strada o vai a mettere qualche like su Instagram giusto per passare il tuo tempo. La domanda chiave, l’inizio di tutto: ma l’Europeo era truccato?
Se la tua risposta è sì, logicamente sarai anche un grande sostenitore del terrapiattismo e forse ancora credi che Mapi Group di Manenti abbia delle solide basi economiche.
La cosa incredibile di un Europeo truccato è che cela una motivazione pazzesca. Non basta il classico «ma dai, è stata tutta una combine per le scommesse». Era truccato perché c’erano i Giochi Olimpici. Certo, tutto questo non ha alcun senso, ma non puoi non ammettere che è di impatto.
Non ti preoccupare, amico mio, se pensi che effettivamente abbiano fatto di tutto per far alzare la coppa a Zagorakis. Forse ti consolerà il fatto che la pensava così anche Giannis Ioannidis [uno dei migliori allenatori della storia della pallacanestro greca e viceministro della Cultura con delega allo Sport dal 2007 al 2009, N.d.T].
E non solo ci credeva ma ne parlava anche in veste di rappresentante del governo. Non solo ne parlava ma lo diceva anche a Michel Platini, quando il francese era presidente della Uefa.
«Ma dai, era tutto truccato, l’hanno fatto per i bookmakers e le Olimpiadi». Platini pensava che ci fosse stato un errore nella traduzione e ha chiesto di risentire la frase nel capannello in cui erano presenti entrambi. E la sua risposta è stata, come prevedibile, a muso duro.
«A quei tempi ero il presidente della Federcalcio francese. Tu mi dici in faccia che mi sono messo d’accordo per far perdere Zidane e Henry in modo da far vincere la Grecia?» La risposta del Biondo [soprannome di Ioannidis, N.d.T] è stato il classico borbottio incomprensibile di chi era consapevole di aver fatto una figuraccia e Platini non ha nemmeno voluto sentire la traduzione.
Non ero presente a quella discussione, ma lo ero quando ne ha riparlato anche a Roma, fuori dall’Olimpico, poco prima della finale di Champions del 2009. Ioannidis era ancora al governo e grazie al cielo i suoi interlocutori non erano alti rappresentanti del mondo del calcio ma qualche greco.
Se credi alla teoria dell’Europeo truccato, il Biondo fa al caso tuo e questo argomento mi sa che non fa per te. Vai a leggerti qualcosa sulle scie chimiche e andiamo avanti.
VA BENE, L’ABBIAMO VINTA GIOCANDO SOLO IN DIFESA
Ovviamente la Grecia era una Nazionale che giocava un calcio di rimessa. Nel dilemma tra possesso palla e occupare gli spazi, Rehhagel sceglieva gli spazi. La palla all’avversario, la Nazionale dietro la linea di possesso per chiudere ogni pertugio.
Non eravamo una squadra che prendeva l’iniziativa, ma una squadra di reazione. Però «solo in difesa» è un’esagerazione, che arriva all’alterazione della realtà. Perché si può leggere, tra le righe, che avevamo paura, giocando al 100% in difesa.
Ciò non corrisponde alla realtà. La Grecia lasciava il possesso all’avversario, giocava con una difesa a uomo e con molti giocatori dietro la linea del pallone, ma non andava per lo 0-0. Giocava con coraggio per vincere, per l’1-0: un risultato che l’ha portata fino alla fine del percorso.
Avevamo sempre due attaccanti nello schieramento iniziale, non uno che predicava nel deserto da solo. […] La Grecia aveva sempre giocatori pronti ad attaccare in ogni occasione e avevano proprio ricevuto questa indicazione dalla panchina.
Nella partita d’esordio [contro il Portogallo, N.d.T], in vantaggio per 1-0, in apertura di ripresa Seitaridis arriva fino all’area avversaria per conquistare il rigore che porterà al 2-0. Il nostro terzino destro non rimane ancorato in difesa per tenere Cristiano Ronaldo, che era appena subentrato, ma si spinge in avanti e lo fa correre fino alla propria area [costringendolo al fallo da rigore, N.d.T].
Seitaridis ha fatto questo nella prima partita, nonostante fossimo già avanti nel risultato, e ha fatto questo anche in finale, per conquistare il calcio d’angolo che risulterà decisivo per la rete del definitivo 1-0. Nel mezzo, la Nazionale batte alla pari la Francia [ai quarti di finale, N.d.T]: vi ricordate quel gol, quel potente colpo di testa di Charisteas?
Non ha giocato solamente in difesa, aveva un atteggiamento offensivo, un coraggio pazzesco. Zagorakis in quella partita gioca da terzino destro, dato che Seitaridis deve controllare Henry. Theodoris sale di gran carriera dopo l’apertura di Basinas: nell’arco di tempo in cui si trova in area per cercare con lo sguardo Charisteas il mediano della Nazionale in quella partita, Katsouranis, compie un movimento in verticale arrivando fino al limite dell’area piccola avversaria.
Se sullo 0-0 il tuo terzino entra in area con il pallone e il tuo mediano prova l’imbucata per il cross, non giochi «solo in difesa e speriamo in Dio». Hai un atteggiamento offensivo, hai coraggio.
DIO HA DORMITO PER CONQUISTARE IL TROFEO
Ovviamente la Grecia è stata fortunata. Non c’è bisogno di aver seguito le partite né di contare le occasioni. Basta solo sapere che ha vinto, che ha sollevato la coppa. Dal momento che è arrivata prima in un torneo di sei partite, la Grecia è stata fortunata.
Perché non puoi essere campione e sfortunato allo stesso momento. Chi ha vinto, ha anche avuto la fortuna dalla sua parte. E non c’entra nulla quanto tu sia forte: se sei primo, la fortuna non è stata di certo contro di te.
Cosa vuol dire che Dio ha dormito? Il centravanti avversario, smarcato e all’altezza dell’area piccola, ha centrato il palo al 93’ sullo 0-0? Perché è successo esattamente questo con la Francia nel 2016, ma in pochi hanno detto che Dio abbia dormito per il Portogallo dopo il legno di Gignac.
[…] Qui ha avuto fortuna anche la Spagna che ha conquistato il Mondiale. Probabilmente la migliore Nazionale che abbiamo mai visto ha vinto il suo primo Mondiale con un rigore parato da Casillas ai quarti e due enormi occasioni fallite da Robben in finale.
Non abbiamo avuto bisogno di una dose maggiore di fortuna rispetto al solito, rispetto a quella che abbiamo visto da squadre molto più blasonate di noi.
Il detto «Dio ha dormito» è l’ultimo rifugio di coloro che non hanno mai apprezzato molti degli eroi di quella spedizione e dovevano pur inventarsi una scusa per giustificare il fatto di non aver gioito per quel trionfo al 100%. Sono gli stessi che hanno tirato fuori anche questo:
LA PEGGIORE NAZIONALE AD AVER MAI VINTO UN EUROPEO
Un’altra battuta dal fronte del disprezzo. Nessuno ha vissuto tutte le Nazionali vincitrici di un Europeo però sì, perché no, diciamo anche che la nostra è stata la peggiore. Dopo un po’ di acqua passata sotto i ponti, con i due Europei vinti dalla Spagna, è arrivato l’ultimo Europeo, quello del 2016.
Ave, grande Fernando Santos, un ringraziamento è troppo poco per te. Non solo sei stato eccezionale al timone della nostra Nazionale, ci hai dato una mano anche dopo la tua esperienza in Grecia.
Hai preso le redini del Portogallo e hai sollevato la coppa. E così qualcuno non può più dire che la Grecia del 2004 è stata la peggiore Nazionale vincitrice di un Europeo. Lo scettro è passato al Portogallo del 2016.
In sette partite ne ha vinta una sola nei 90 minuti, contro il Galles in semifinale. Zero vittorie in un girone con Islanda, Austria e Ungheria. Contro la Croazia agli ottavi ha giocato in una maniera talmente difensiva e con così tanta paura che la Grecia del 2004 possiamo paragonarla ad una macchina offensiva, una rappresentante del jogo bonito nelle partite contro Francia e Portogallo.
E quella Nazionale, in tutto questo, aveva giocatori di enorme valore in campo e in panchina.
ERANO TUTTI UNITI UN GRUPPO UNITO, GIOCATORI E ALLENATORE
Non sono bugie, solo i cliché negativi. Sono anche quelli positivi, come la fama che riguardava i giocatori, i quali seguivano ciecamente e adoravano Rehhagel.
Ovviamente non succedeva questo. Di sicuro i giocatori sono stati conquistati dal fatto che le decisioni erano sue e non di qualcun altro. Di sicuro lo seguivano, visto che si erano resi conto che li avrebbe guidati in una buona strada.
Però non lo ascoltavano in tutto e per tutto. I giocatori avevano anche voglia di fare di testa loro, pensando sempre di fare il meglio possibile sul campo. E il tedesco, ogniqualvolta succedeva, chiudeva più di un occhio.
E come succede in ogni gruppo di persone, Rehhagel considerava ogni opinione. E si dovrebbe sempre pensare che i calciatori hanno solitamente un ego considerevole, che non sono facilmente disposti a cedere di fronte a qualcun altro.
Non sono passate nemmeno 24 ore dalla consegna della coppa. I giocatori si trovano sul volo di ritorno, si riposano in vista dell’accoglienza ad Atene. Ad un certo punto, da una delle file davanti dell’aereo, spunta Rehhagel.
«Dai tedesco, tornatene al tuo posto, hai preso un altro applauso» è stata la battuta arrivata dalle ultime file. Non è importante chi l’abbia detto né chi sia messo a ridere, trovandosi d’accordo.
Il punto è che, anche durante un trionfo di questa portata, può esserci un giocatore che prenda in giro il proprio allenatore, con cui ha appena vissuto i migliori momenti della propria carriera. Avviene in tutte le squadre, avvenne anche nella “banda del 2004”.
Quello che ha fatto la differenza non sono state queste battutine fuori luogo ma la capacità di Rehhagel di aiutare i giocatori con le sue decisioni e soprattutto motivarli mentalmente. Pensate solo a questo anedotto: prima del quarto di finale contro la Francia, Otto ha detto ai suoi ragazzi di giocare come Muhammad Ali, ossia in difesa e sempre pronti a colpirli in contropiede nel momento più opportuno.
Il tedesco ha cominciato a scambiarsi dei pugni in aria con Topalidis, mimando dei pugili. Questa scena avrebbe potuto facilmente far ridere i giocatori. Ma loro si sono caricati, hanno quasi demolito lo spogliatoio a suon di urla e sono entrati in campo pronti a dare battaglia.
QUANTO È STATO FORTUNATO CHI SI È TROVATO IN PORTOGALLO
Verissimo. Ve lo assicura chi è stato davvero là per vedere il quarto di finale contro la Francia e alla fine è tornato in Grecia 12 giorni dopo, con la coppa. È stata un’esperienza incredibile aver visto da vicino quelle partite così importanti e anche le città lusitane occupate da flotte biancazzurre [galanòlefki, i colori della Grecia, N.d.T].
È vero, tuttavia, anche l’opposto. Al ritorno dal Portogallo mi sono reso conto dell’invidia negli occhi di chi ascoltava le mie storie da quei momenti vissuti dal vivo. L’orologio però girava anche al contrario. Anch’io ero invidioso quando sentivo le storie incredibili di un Paese che era al settimo cielo.
Siamo stati fortunati ad aver vissuto la storia nel posto in cui è stata scritta. Ma anche sfortunati ad aver perso la più grande festa mai organizzata.
NON ABBIAMO SFRUTTATO IL TRIONFO, ABBIAMO PERSO UN’OCCASIONE
Il peggior cliché nella storia dei cliché, una frase che non ha alcuna logica. Ovviamente non abbiamo perso l’occasione, ovviamente abbiamo sfruttato il trionfo.
Non noi, non il calcio greco in generale, ma la Nazionale. Il trionfo del 2004 avrebbe potuto cambiare solo una cosa: la Nazionale e l’ha cambiata al 100%. Non ci siamo qualificati nel torneo successivo [Mondiali in Germania nel 2006, N.d.T] a causa di una sconfitta all’esordio nel girone, ma abbiamo raggiunto degli standard mai visti prima.
La Nazionale ha giocato delle qualificazioni pazzesche, si è qualificata anche da imbattuta in una fase finale [Europei del 2012, N.d.T]. Ha battuto in casa la Croazia con Zaradoukas titolare e ha eliminato nei playoff l’Ucraina giocando per 60 minuti con Pliatsikas.
Si è qualificata in tutti e quattro i tornei dopo il Mondiale del 2006. Ha giocato in due Europei e in due Mondiali, nonostante perdesse col tempo i membri della generazione d’oro del 2004. In due di questi tornei ha superato i gironi, qualificandosi per i quarti a Euro 2012 e vivendo quella storica estate del 2014, quando si è ritrovata ad un passo dai quarti di finale.
La Nazionale ha sfruttato al 200% il trionfo del 2004. A volte senza avere la stessa qualità, ma mantenendo la mentalità e il carattere, la tenuta e la stabilità, l’impegno per l’obiettivo, ma anche il senso di responsabilità per raggiungerlo.
La Nazionale poteva cambiare nel 2004 ed è cambiata. Non per poco, per dieci anni.
Questa frase dell’occasione perduta viene dalle persone che avevano in testa quello che successe con la pallacanestro nel 1987 [quando la Grecia vinse in casa l’Europeo, N.d.T]. Non hanno minimamente pensato, tuttavia, che nel 1987 non è cambiata la pallacanestro ma è stata costruita praticamente da zero in Grecia.
Il calcio greco non sarebbe mai cambiato nel 2004, non poteva mai succedere. È come se ti aspettassi di vedere delle trasformazioni in una città già piena di palazzi, solamente perché l’ha visitata un architetto. Cambia solo se viene demolita e questo non può succedere: quindi rimane così.
Solo una determinata parte può essere influenzata positivamente per un piccolo lasso di tempo. Ed è successo esattamente questo con la Nazionale, prima che chiudesse anche questo ciclo e riconsegnare questo isolato alla giungla che lo circonda.
NESSUNO SI ASPETTAVA UN PERCORSO DEL GENERE
Sì, però no. Ovviamente un torneo fino alla conquista della coppa non era nemmeno nei sogni dei giocatori prima della partita di esordio. I giocatori, la Federcalcio greca e l’allenatore, tuttavia, credevano al 100% in una buona partecipazione all’Europeo.
Nessuno ha affrontato la fase finale con la paura di ripetere il 1994 e la vergogna del Mondiale statunitense [zero reti fatte e dieci subite, il peggior torneo mai disputato da una Nazionale europea, N.d.T]. Può darsi che in Grecia i giornalistoni dicessero alla gente: «giocatevi l’under 1.5 per i gol e per i punti nel girone» però la squadra credeva molto in sé stessa.
Il gruppo di giocatori non aveva solo un alto tasso tecnico ma soprattutto delle grandi personalità. Giocatori che si erano già fatti le ossa, navigati, esperti e abituati nel confrontarsi con i migliori e uscirne vincitori.
Sì, nessuno ha detto mai pubblicamente di andare là per vincere l’Europeo. Lo hanno detto solo dopo aver eliminato la Francia. Una leggenda metropolitana dice che il tedesco [Rehhagel, N.d.T] avesse fatto una battutina prima della partenza per il Portogallo.
Durante le dichiarazioni in aeroporto ad Atene, quando le telecamere avevano smesso di riprendere, il tedesco con il suo solito tono allegro continuava a parlare con un’evidente euforia e poi andò via. «Cosa ha detto?» chiesero un paio di giornalisti a Topalidis [factotum della Nazionale, da vice a interprete di Rehhagel, N.d.T], ma non voleva rispondere e se la rideva.
Ad un certo punto un giornalista chiese insistentemente cosa avesse detto tra le risate Rehhagel. La risposta [di Topalidis] fu questa: «Se avessi avuto Patsatzoglou [jolly difensivo, all’epoca infortunato, N.d.T] l’avremmo anche vinta la coppa. Ha detto questo. Non lo conosci bene questo tedesco, le dice sempre queste cose».
IL GRANDE DRIBBLING DI ZAGORAKIS SU LIZARAZU
La rete in sé è favolosa. Il pallone passa sopra Lizarazu, Zagor entra tranquillamente in area e vuole fare la migliore mossa possibile. Il cross è perfetto, il salto di Charisteas è da sogno, il colpo di testa è una cannonata che gonfia la rete.
Però, va bene, 15 anni dopo possiamo anche dirlo. Theodoris ha superato effettivamente Lizarazu, ma non ha fatto proprio questo incredibile dribbling. Il pallone era conteso e il francese è troppo ingenuo: corre verso la sfera come se fosse assolutamente vitale anticipare l’avversario, come se Zagorakis fosse Dani Alves.
Il capitano greco semplicemente la tocca per primo e questo è lo storico dribbling. Un tocchetto in una palla contesa. Anzi, in quella azione abbiamo un passaggio incredibilmente sottovalutato, quello di Basinas che fa cominciare l’intera azione. A centrocampo, spalle alla porta, sotto pressione ed è riuscito a fare un’apertura eccezionale per l’accorrente Zagorakis.
IL VERO MIRACOLO IN UN PAESE FALSO
Fa parte di un vecchio articolo, però vorrei sempre ricordarlo. In quella estate, la “bugia” era l’Europeo. Le “verità” erano il ponte Rio-Antirrio, l’Attiki Odos [autostrada dell’Attica, N.d.T], l’aeroporto Eleftherios Venizelos, le infrastrutture per i Giochi Olimpici, la metropolitana di Atene, la borsa alle stelle.
Questa era la “realtà”. Tutto questo era concreto, lo vedevamo, lo vivevamo. Questa era la nostra città, il nostro Paese. Saliva di livello, opera dopo opera, giorno dopo giorno. Così pensavamo, così lo concepivamo: questa era la “realtà”.
L’Europeo, la partita d’esordio, la qualificazione ai quarti, la Francia, la Repubblica Ceca, il Portogallo: tutto questo era il sogno, l’incredibile, l’impossibile, quello che “non può succedere”. Tutto il resto ci sembrava normale. L’irreale e la bugia era il fatto che siamo partiti per andare a vincere solo una partita e siamo tornati con la coppa.
È tragico ma vero: tutto questo non era concreto, né vero, né reale. Pensavamo che fosse la “realtà”, però ormai ognuno di noi conosce e capisce che tutto questo era il falso. […]
Τutto questo era solo una bolla e ormai lo sappiamo benissimo. Non solo non salivamo di livello, ma ad ogni passo verso l’alto ci assicuravamo per il futuro quattro passi verso il basso. Pensavamo di salire su una vetta più alta di quelle a cui eravamo abituati, ma in realtà ci stavamo solo assicurando di cadere da un’altezza maggiore. Quindici anni dopo siamo crollati e solo Dio sa quando riusciremo di nuovo a reggerci in piedi. E da quella “realtà”, l’unico pezzo che sembra ancora vero è l’Europeo. Quello che allora era il sogno, l’irrealizzabile, l’incredibile, quello che “sembrava una bugia”.
La realtà si è rivelata una dolorosa utopia e un’illusione. Il sogno è rimasto l’unico frammento vero, tangibile, reale in mezzo a tutta quella enorme bugia. L’unica cosa che veramente è successa, è stata quella a cui nessuno potesse credere.
Proprio per questo, 15 anni dopo, raddoppio e triplico i miei ringraziamenti a chi mi ha regalato quel fantastico viaggio e alle persone con cui l’ho vissuto. Quando le realtà crollano, i veri miracoli e la loro memoria sono più necessari e preziosi che mai.