di Zastro AthleteStories.gr, 28/04/2021

Traduzione di Enzo Navarra

Il calcio era molto importante alla fine degli anni Sessanta, riguardava la maggioranza di una – non dimentichiamolo – società dominata dagli uomini e soprattutto i giovani, che non avevano nient’altro da fare.

Parliamo di un’epoca in cui non c’era nemmeno la televisione in tutte le case, in cui tante famiglie non avevano nemmeno il necessario per vivere. Leggiamo e sentiamo spesso che in quell’epoca sono fioriti i bouzoukia, il cinema “popolare”, le sale giochi, il calcio. Questo è vero da ogni punto di vista. Non esistevano altre valvole di sfogo, non esisteva modi alternativi, non esistevano altre opzioni. L’essere umano si adatta sempre alla situazione che lo circonda, trova il modo di sopravvivere, anche quando viene minacciata la sua stessa libertà. E quando le condizioni sono mature, opera una rivoluzione ed esce da questo tunnel con le proprie forze.

Gli argomenti non riguardano, tuttavia, solo la politica o la sociologia. Devono essere percepiti l’ambiente, l’atmosfera, il “profumo” dell’epoca in rapporto con il calcio e lo sport. La Giunta dei Colonnelli ha “aiutato” tutte le società. Con finanziamenti, infrastrutture, influenze politiche. Quando all’allora potente Segretario Generale dello Sport Kostas Aslanidis è capitata una generazione d’oro di calciatori nelle squadre più tifate, la decisione per le “sovvenzioni” era molto semplice.

Lo seguiva a ruota Pattakos [uno dei capi della Giunta, Ministro dell’Interno nella parte iniziale della dittatura, N.d.T] che ad ogni occasione scendeva in campo per conoscere dal vivo e salutare i giocatori delle grandi squadre. Era un frequentatore assiduo del Karaiskakis, del Leoforos e di Nea Filadelfeia [stadi rispettivamente di Olympiakos, Panathinaikos e AEK, N.d.T]. Occhio, però. Sideris, Koudas, Domazos e Papaioannou non erano creature della Giunta. I colonnelli cercavano di sfruttare il loro talento per gestire le emozioni del popolo. Aslanidis non ha mica insegnato il calcio al “Generale” [soprannome di Domazos, N.d.T] e Kamaras non ha mai imparato a tirare da Pattakos.

Il regime ha sfruttato in maniera vantaggiosa le coincidenze, ha usato la materia prima e l’ha “piazzata” in modo tale che tutti in qualche modo fossero “in debito” con esso e si sentissero alternativamente favoriti o vittime di un’ingiustizia. Per questo sono stati inseriti dei “Commissari” in ogni società; per questo nelle partite c’era la massima necessaria sorveglianza e supervisione da parte del rispettivo “Ginnasiarca dell’incontro”; per questo nei derby, quando serviva e l’interesse popolare era alto, era ritenuta necessaria la presenza di un “Ufficiale del Governo”.

Sono molto sottili e indistinguibili gli equilibri per poter usare dei frammenti di quella realtà in modo tale da rafforzare il proprio pensiero nei giorni nostri. Quanto più grande era l’impresa, tante erano le “ombre” e le leggende metropolitane. Per questo motivo non c’è migliore “medicina” del semplice racconto dei fatti.

Il Panathinaikos “europeo” non interessò molto l’opinione pubblica con il suo percorso nella Coppa dei Campioni nel 1971. Solo quando eliminò il forte Everton con due pareggi [ai quarti, N.d.T], la qualificazione in finale diventò una «questione nazionale». Il sorteggio in semifinale contro gli artisti jugoslavi della Stella Rossa era difficile ma – dal momento che nell’urna c’erano Ajax e Atlético Madrid – era il migliore possibile. Stella Rossa-Panathinaikos, sulla carta una lotta balcanica impari.

L’ambiente circostante – e non il Panathinaikos – l’affrontò in maniera quasi inelegante e fanfarona. La squadra ha viaggiato giovedì 8 aprile a Belgrado con un volo charter della Jat [Jugoslovenski aerotransport, compagna di linea jugoslava, N.d.T]. Spiccava la presenza di Kostas Aslanidis, accompagnato da Achilleas Bountouvis, con il ruolo di capo della spedizione, e Iraklis Tsipras, come responsabile dell’area calcistica del Panathinaikos.

Sullo stesso aereo, inoltre, era presente l’intero staff tecnico, con Puskás, Gazis [allenatore e vice di quel Panathinaikos, N.d.T], i calciatori e i loro familiari, come anche tifosi e membri del Panathinaikos. Ad esempio, c’erano anche Vicky Moscholiou, allora coniuge di Mimis Domazos, e Stamatis Kokkotas [entrambi famosi cantanti greci, N.d.T], i quali erano al Marakana e parteciparono agli eventi legati alla squadra.

Il Panathinaikos alloggiò nell’albergo di lusso Jugoslavija al centro di Belgrado e sabato visitò Stari Grad e altre attrazioni della città. La squadra e lo staff tecnico domenica seguirono la partita OFK-Stella Rossa a Karaburma (nell’attuale Omladinski Stadium), in cui i biancorossi persero 2-1 dopo una prestazione deludente. Tenete questo dettaglio per il prosieguo della storia. Lunedì sera la squadra presenziò in un evento organizzato dall’allora ambasciatore greco a Belgrado, Spyridon Tetenès. Durante la serata, infatti, cantarono anche Stamatis Kokkotas e Vicky Moscholiou, su richiesta dalla moglie dell’Ambasciatore. Alla vigilia della partita, con migliaia di greci arrivati a Belgrado soprattutto in macchina, la squadra si allenò e si andò a sfogarsi nel casinò dell’albergo.

Nel pomeriggio del 14 aprile il Panathinaikos, davanti a 90.000 spettatori e dopo una pessima partita del portiere Takis Oikonomopoulos, fu sconfitto per 4-1 da una migliore Stella Rossa, che ha giocato anche senza il suo miglior giocatore Dragan Džajić.

L’arbitraggio, come spesso avveniva in quegli anni, era stato a favore dei padroni di casa ma non così decisivo ai fini del risultato. Forse le dimensioni del risultato avrebbero potuto essere più contenute se l’arbitro austriaco Linemayr fosse stato più amichevole nei confronti della squadra greca, ma la Stella Rossa giocò meglio e giustamente vinse. Se erano presenti delle speranze per un approdo in finale, il 4-1 di Belgrado le aveva ridotte al lumicino per il Trifylli [it. Trifoglio, soprannome del Panathinaikos, N.d.T].

Con la rete di Kamaras al 56’, tuttavia, il Panathinaikos poteva ancora credere nel miracolo al ritorno, perché puntava sulla rete in trasferta al Marakana.

E il miracolo molto semplicemente avvenne. Per una serie di ragioni e una combinazione di motivazione, abilità, fortuna e convinzione nella rimonta.

Gli jugoslavi arrivarono ad Atene dieci giorni dopo, sottovalutando il Panathinaikos, esattamente come aveva fatto il grande Everton.

Nella cena organizzata dal Panathinaikos al Club Nautico, il presidente della Stella Rossa Nikola Bugarčić parlava già di una sicura qualificazione e in generale si respirava il clima di un agevole passaggio del turno da parte degli jugoslavi. Alla vigilia della partita, al Neraida [famoso locale notturno ateniese, N.d.T] il Commissario governativo Čelkić mise una spilla con lo stemma della Stella Rossa sulla giacca del cantante Giannis Kalatzis, sollevò il suo bicchiere e chiese ai presenti di augurare «Buona fortuna» alla squadra per la finale con l’Ajax. Nello stesso giorno Aslanidis fece da cicerone al ministro dello Sport jugoslavo Knežević a Olimpia.

I giocatori del Panathinaikos erano al corrente di tutto questo.

È nota la storia che raccontò Kostas Eleftherakis [centrocampista di quel Panathinaikos, N.d.T] riguardo i giornali jugoslavi, che nel giorno della semifinale di ritorno avevano pubblicato prime pagine che scrivevano: «Finale Coppa dei Campioni a Wembley: Stella Rossa-Ajax».

Uno di questi quotidiani capitò tra le mani di Domazos, il quale radunò i propri compagni in stanza puntando sulla rabbia e la motivazione.

Il 28 aprile fu un’epopea a sé.

Ore 13.30, la tribuna rivolta verso il centro di Atene era già pienissima rispetto al resto dello stadio. Attorno al Leoforos era zeppo di striscioni, come nei palazzi circostanti. Chi non tifava Panathinaikos o non aveva striscioni, aveva esposto tovaglie, asciugamani e qualsiasi cosa di colore verde che rimandasse al Panathinaikos. Da un balcone si leggeva questo striscione: «Μilioni di cuori battono per voi». Nello stadio: «Semidio Domazos, porta la Grecia a Wembley», «Generale, siamo con te», «Panathinaikos, fallo per la Grecia» e molti altri. Sirene, clacson, voci.

La tensione era così grande che i responsabili dell’organizzazione del Panathinaikos furono costretti a dire tramite i megafoni dello stadio: «Sono pregati i tifosi di non urlare da adesso, per non rimanere senza forze durante la partita»!

Più passava il tempo, più lo stadio diventava verde. Ogni tifoso aveva un cappello verde, proteggendosi dal sole rovente sul Leoforos.

Ore 14.30, gli jugoslavi entrarono in campo per una passeggiata di ricognizione del terreno di gioco. La squadra del tecnico Miljanić si allenò al Leoforos anche nella giornata precedente e già da allora c’era l’usanza della passeggiata nel prepartita vestiti in borghese. I tifosi li accolsero con sonori fischi, un petardo che scoppiò al centro del campo, urla, insulti, tensione. Fortunatamente, subito dopo entrarono in campo “Bloùis” [Manolis Diakakis, membro di spicco del Panathinaikos, N.d.T] e Puskás, col pubblico che spostò l’attenzione su di loro. «Viva Pancho!»: Il noto grido smosse il Leoforos e il “maggiore a cavallo” [soprannome di Puskás, N.d.T] contraccambiò.

Gli orologi segnarono le 15.00 e due bambini, sventolando bandiere greche e palloncini verdi, attraversarono il campo creando ancora più entusiasmo. Poco dopo, in tribuna d’onore si notò del movimento. Despoina Papadopoulou [moglie del dittatore Georgios Papadopoulos, N.d.T] prese il suo posto. Accanto a lei Pattakos, vice primo ministro e ministro dell’Interno, Ladas, viceministro dell’Interno ed ex capo della Polizia Militare greca, Manolopoulos, ministro del Lavoro, e Aslanidis, Segretario Generale dello Sport. L’ultimo, rispetto agli altri, si sedette dopo aver attraversato il campo, in modo da «salutare la gente».

Ore 15.45 e gli jugoslavi fecero il loro regolare ingresso in campo. Nuovi fischi che cessarono all’improvviso, al fragoroso frastuono di un elicottero, che atterrò al centro del campo. Da lì scesero quattro modelle vestite in minigonna: era lo sponsor della partita, con le ragazze che pubblicizzavano i dispositivi elettronici URANYA.

Tutto lo stadio guardava le modelle fino alle 15.55, quando entrò in campo il Panathinaikos.

Nel settore sud ovest dello stadio era presente uno striscione dei tifosi dell’Olympiakos: «I tifosi dell’Olympiakos CON VOI». Scritto in rosso con un trifoglio verde!

All’ingresso della terna arbitrale spagnola, le modelle consegnarono ai 22 calciatori in campo un buono per l’acquisto di un televisore URANYA, prima di lasciare il campo. Questo era il famigerato “foglietto” che ricevettero i giocatori della Stella Rossa.

Alle 16.05 l’iberico José María Ortiz de Mendíbil fischiò il calcio di inizio.

Alle 16.07 Antonis Antoniadis portò già in vantaggio il Panathinaikos. Si trattò dell’episodio più importante per la qualificazione del Panathinaikos: una rete immediata. Gli jugoslavi, disorientati dall’atmosfera e dalla rete a freddo, si ritrovarono a difendere e in una posizione di inferiorità. Avvenne quello che chiedeva Puskás ed era la voce che circolava in tutti i locali ateniesi: «Un gol veloce!».

Fino al momento in cui la Stella Rossa riportò l’equilibrio e tentò di impensierire la porta difesa da Konstantinou – che rimpiazzò un Oikonomopoulos psicologicamente a pezzi – il Panathinaikos aveva fatto in tempo a crederci e a rivitalizzarsi. La Stella Rossa cominciò a pressare dopo il 20’, fallì un’ottima occasione con una punizione di Ostojić parata da Konstantinou e scelse di giocare di rimessa. Il Panathinaikos attaccò basandosi sull’istrionico Domazos, ma il primo tempo terminò con uno stretto 1-0.

Nello stadio si credeva ancora al miracolo ma l’agonia era incredibile perché il Panathinaikos si trovava ancora a due reti di distanza dal grande obiettivo.

Il 2-0 di Antoniadis al 55’ accese lo stadio. Lo Psilòs [it. Alto, il soprannome di Antoniadis, N.d.T] fu l’assoluto protagonista della partita e terminerà quella Coppa dei Campioni da capocannoniere.

Puskás sostituì il giovane Kalligeris buttando nella mischia Athanasopoulos e il Panathinaikos provò a segnare «il gol di Wembley».

La rete decisiva che mandò il Panathinaikos a Londra venne segnata da Aristidis Kamaras: la rete più importante della sua carriera. Eravamo al 63’ e il Panathinaikos fece di tutto per mantenere il risultato. Perdite di tempo, attacchi blandi, interventi duri, interruzioni.

La Stella Rossa si spinse in avanti, con il 3-0 che svegliò i giocatori di Miljanić, e al 74’ fece gelare il Leoforos. La parata della… vita per Vasilis Konstantinou. Il tiro di Karasi era molto forte e ben indirizzato. Tutto lo stadio pensò che quel pallone sarebbe andato nell’angolo destro di Konstantinou, spegnendo le speranze greche. Vasilis allungò il corpo, protese la mano il più possibile e con la punta delle dita deviò la sfera in angolo. Questo intervento motivò il Panathinaikos e gli permise di resistere nell’ultimo quarto d’ora.

Dopo due minuti e mezzo di recupero l’arbitro Ortiz fischiò tre volte e la partita finì

E, improvvisamente, le lancette dell’orologio cominciarono a girare al contrario. Atene impazzì. La tensione condensata negli ultimi quindici giorni, a partire dalla sfortunata partita di Belgrado, e tutto il clima elettrizzante che alimentarono le incredibili esultanze nello stadio vennero riversati per tutta la città.

Atene si trovò in uno stato di follia. Ognuno faceva quello che gli pareva, quello che passava per la propria testa. I vigili urbani non sapevano più cosa fare davanti a tutto questo spettacolo. Migliaia di persone, centinaia di macchine, un rumore senza sosta, un delirio pazzesco che prendeva l’intera città. Trombette, tamburi, sirene, clacson, cori e slogan urlati fino alle due del mattino.

«Il miracolo! Il miracolo della qualificazione!». Il Panathinaikos aveva fatto l’impossibile anche per gli impassibili cronisti sportivi.

I giornali dell’epoca dedicarono decine di pagine per il fiume umano che si riversa per Atene. Omonoia, Syntagma, Plaka, Zappeio, Kolonaki, piazza Victoria [zone centralissime della capitale ellenica, N.d.T] piene di gente. Persone in ogni quartiere che festeggiavano: Goudi, Gkyzi, Kallithea, Pagkrati, Kypseli, Patissia, Thisseio, Sepolia. Dappertutto. Una gioiosa festa dappertutto! Per otto ore Atene era paralizzata, si arrese davanti a tutta questa gente. Da ogni casa e appartamento le persone – anche quelle serie e rispettabili – vennero contagiate da questa “follia verde” e furono pervase dall’entusiasmo. Cinquantenni che lasciarono casa per seguire i propri figli che volevano andare per strada a festeggiare. Sui balconi e sulle verande c’erano tovaglie verdi, camicie verdi ma anche qualche verdura, solo ed esclusivamente perché era verde.

Solo in Brasile era stato notato un tale entusiasmo e una tale passione per il calcio.

Una follia assoluta. […] Per le studentesse che erano con i piedi a mollo dentro la fontana in piazza Victoria con ancora gli zaini sulle loro spalle; per il vecchietto che si spogliò in via Panepistimiou; per il tizio che tappezzò la propria macchina con banconote vere da 50 dracme solo perché erano verdi; per un signore robusto che si fermò davanti ad un vigile urbano facendogli dei balli orientali; per una persona che salì sul proprio camion e gettò alla gente dei… gemelli per camicie; per quel pedone che passò con il semaforo rosso e, fermato dal poliziotto, rispose che vedeva «tutto verde» davanti a sé!

Il Centro di Pronto Soccorso contò più 55 arresti cardiaci in quella serata. Dieci riguardavano dei malori proprio durante la partita trasmessa in televisione. 

Al solitamente professionale Jeanneau [soprannome di Giannis Diakogiannis, storico telecronista della tv statale greca, N.d.T], che faceva la telecronaca della partita, sfuggivano riferimenti ai nomi propri dei giocatori e ai loro soprannomi: «Vai Totis [Fylakouris, N.d.T]… Andiamo Psilòs… Bravo Generale!». La maggior parte dei tifosi nel Pronto Soccorso avevano avuto un lieve episodio cardiaco, in pochi erano stati ricoverati mentre il cuore di un tifoso smise di battere proprio durante la notte di quel 28 aprile.

Il delirio proseguì per diverse ore.

Sulla via Stadiou un lussuoso carro funebre, dipinto con i colori dell’avversario, fece processione alla salma (!) della Stella Rossa. Dietro di esso, la marcia funebre con i “familiari affranti” a piangere. La bara fu portata in mare, da qualche parte a Passalimani.
Contemporaneamente, in piazza Rigillis, un secondo funerale! Con candele, cortei in lutto e una bara acquistata con una colletta. Alcuni tifosi erano fuori da un’impresa di pompe funebri, chiesero il prezzo di una bara e ognuno di loro mise due dracme per comprarla. Dopo il corteo, le diedero fuoco in piazza tra i festeggiamenti.

Improvvisazioni e gesti che rasentavano la follia. A volte nei limiti della decenza, altre in maniera violenta, perché erano avvenuti anche degli episodi. Anche a Belgrado successe qualcosa, tra piccoli scontri e alcuni furti, ma in generale la situazione rimase – in proporzione – nella norma. Ad Atene questi episodi furono affrontati in maniera intelligente dai turisti oppure sedati sul nascere. Nemmeno in campo sportivo abbiamo avuto “scontri”, dato che l’arcinemico Olympiakos firmò un telegramma di congratulazioni rivolto «all’amico Panathinaikos» e al segretario generale dello Sport Aslanidis.

Non sono mancati anche contenuti a… sfondo sessuale, molti dei quali furono commentati dalla stampa estera. Bonus “speciali”, regali e ancora altri “doni” dalle starlette dell’epoca ai giocatori del Panathinaikos. «Il premio sexy ha caricato i giocatori del Panathinaikos» scrisse l’autorevole quotidiano italiano La Stampa.

Il noto articolista dell’epoca Pavlos Palaiologos riportò sul Vima anche delle reazioni dal mondo della cultura con dichiarazioni delle attrici Tzeni Karezi, Rena Vlachopoulou e Maro Kontou. Aliki Vougiouklaki [grande star dell’epoca in Grecia, N.d.T] era a Salonicco e festeggiò in piazza Aristotelous insieme al resto delle persone, causando anche qualche svenimento per i suoi pantaloncini.

A questo punto, tuttavia, non si può non parlare delle “ombre” e dei “veleni”.

Nel 1979 è stato pubblicato un reportage sul giornale Eleftherotypia, dal titolo Il dossier Wembley. Il quotidiano scriveva che la Giunta dei colonnelli passò dalla censura gli articoli della stampa estera di quel periodo e cercò di nascondere le voci riguardanti un presunto caso di corruzione per far qualificare il Panathinaikos in finale.

Nel reportage vengono riportate due pubblicazioni: una dalla tedesca Bild, che riguarda un consistente premio partita da parte di Aristotelis Onassis e l’altra dal quotidiano italiano Stadio che racconta maggiori “dettagli”, con il magnate greco che ha corrotto con i suoi milioni l’intera Stella Rossa.

Entrambi gli articoli citano come fonte un pezzo del Magyar Szó, un quotidiano di Novi Sad della minoranza magiara della Voivodina. È l’unico giornale estero che parla di “ombre” sulla partita.

Di seguito entrambe le citazioni e le conclusioni sono eloquenti:

«Il giornale scandalistico tedesco Bild, con una tiratura quotidiana di 5 milioni di copie, ha scritto un titolo a nove colonne sulla partita Panathinaikos-Stella Rossa. La Bild ha scritto nel numero dell’8 maggio Il nuovo amore di Onassis: il calcio. Il miliardario greco ha speso 350.000 marchi per comprare la partita contro la Stella Rossa. Il giornale ha scritto che ha tratto queste informazioni dal Magyar Szó, il quale riportava inoltre che la dirigenza della Stella Rossa è stata “venduta” per 300.000 dollari. Prima della partita è atterrato sul campo un elicottero con ragazze di bella presenza che hanno offerto mazzi di fiori ai giocatori della Stella Rossa e a quattro di loro anche degli assegni da 15.000 dollari. Il “governo” greco ha regalato ad ogni giocatore una villa e una pensione mensile da 1.200 marchi [fatto che non corrisponde al vero, N.d.R]. Il Panathinaikos ha dato ad ogni suo giocatore un premio da 25.000 marchi [a quei tempi un marco valeva 12 dracme, N.d.R] e 84.000 marchi all’allenatore Ferenc Puskás».

«L’italiana Stadio, nel giornale del 12 maggio 1971 ha scritto, citando anch’essa dal Magyar Szó, che la Stella Rossa, subito dopo l’eliminazione dal Panathinaikos, ha perso in casa contro lo Železničar per 4-1, volendo dimostrare che stesse passando una crisi [all’inizio dell’articolo viene detto che anche prima della partita di andata gli jugoslavi persero contro l’OFK, ma questo non impedì loro di battere il Panathinaikos per 4-1, N.d.R]. Nel suo reportage si parla di 300.000 dollari consegnati ai dirigenti della Stella Rossa e di assegni da 15.000 dollari dati a quattro giocatori (Aćimović, Karasi, Dujković e Ostojić). I greci sono riusciti, tramite il segretario generale della Uefa, a far giocare lo squalificato Domazos [effettivamente gli era stata revocata la squalifica, N.d.R]. In mezzo all’affare c’era anche l’allenatore della Stella Rossa Miljan Miljanić, a cui è stato promesso qualcosa da parte del segretario generale dello Sport greco Aslanidis. Miljanić ha detto ai suoi giocatori di comportarsi come dei bambini in campo. Ai calciatori jugoslavi avevano promesso, prima della partita, delle belle ragazze greche. Una mano misteriosa ha messo dei sonniferi nei bicchieri degli jugoslavi. Miljanić non ha fatto alcun cambio dopo il 2-0».

A parte il caso di Domazos, che corrisponde alla realtà visti i contatti e la grandezza di Puskás, e dei premi ai giocatori del Panathinaikos, ogni persona dotata di un minimo di raziocinio può trarre le proprie conclusioni dal “reportage” del giornalista del Magyar Szó.

Vediamo, quindi, cosa è stato effettivamente scritto dalla stampa estera dell’epoca, cominciando dagli stessi media jugoslavi, negli articoli riportati dall’Associated Press e non dalla stampa greca.

L’agenzia di stampa jugoslava Tanjug ha scritto nel suo lungo comunicato: «È successo un miracolo, con la squadra greca che ha superato una Stella Rossa che non si è ripresa dallo shock del primo minuto. I calciatori jugoslavi ci hanno provato nei minuti successivi ma i greci hanno passato il turno».

Il famoso quotidiano locale Politika ha scritto il titolo Il dramma della Stella Rossa ad Atene, riportando dichiarazioni dei protagonisti, tra cui Džajić, il quale ha sottolineato che avrebbe potuto aiutare la Stella Rossa se non fosse stato squalificato. In un articolo è presente anche una dichiarazione del ministro Knežević che ha parlato di un Panathinaikos superiore e di una giusta qualificazione. […]

Per quanto riguarda il premio partita, la Giunta ha effettivamente promesso e fornito al Panathinaikos il massimo possibile. Furono fatte promesse per ingenti somme e i debiti della società verso lo stato furono cancellati fino al 28 aprile 1971 per un ammontare di 4 milioni di dracme. Tra i protagonisti, Puskás ricevette 650.000 dracme e ogni giocatore 200.000 (metà dalla società e metà dal Segretariato Generale dello Sport), mentre ogni rete fu premiata con 150.000 dracme, anch’esse dal Segretariato dello Sport.

Il caso della corruzione sarebbe stato dimenticato se non ci fosse stata l’intervista alla moglie del dittatore, Despoina Papadopoulou, al programma televisivo Fàkeloi con l’autorevole giornalista Alexis Papachelas.

Non esiste alcuna voce contraria alle accuse di Papadopoulou, però è da segnalare il fatto che si tratta di una persona che diceva che Panagoulis se la passava bene e giocava a tennis (!) ogni giorno in prigione.

Nel giornale Fos ton Spor vengono riportate le dichiarazioni da parte dello stesso Segretario Generale Pattakos che smentisce il tutto ma anche le parole del suo biografo, Chatzigogos, il quale sostiene che la frase fu effettivamente pronunciata ma in maniera scherzosa, per far calmare la «signora del Primo Ministro».

Νell’anniversario del Politecnico del 2014, il giornale Ethnos ha pubblicato un inserto di 16 pagine intitolato Bollettino mensile delle operazioni psicologiche – Illuminismo, che è stato redatto nel maggio del 1971 dal Quartier Generale dell’Esercito. Νel capitolo intitolato Sussurri-Diffusioni-Voci a pagina 5 si parla di questo: «Sono circolate le seguenti voci: […] 2) la vittoria del Panathinaikos sulla Stella Rossa è stata comprata per 3 milioni di dracme. […]».

L’unico collegamento riguardante questo bollettino propagandistico della Giunta è un’intervista ad Aslanidis, in esilio, nel febbraio del 1975 al giornale Vradynì, in cui lascia intendere che con lui avvenivano donazioni verso club stranieri, in modo da facilitare il percorso delle squadre greche nelle competizioni europee. Aslanidis, infatti, sottolinea che c’era stata una donazione ad una società di un Paese confinante [la Jugoslavia confinava con la Grecia, N.d.T] e il dittatore Papadopoulos ne era al corrente.

Ormai abbiamo tutte le informazioni a disposizione. È ormai chiaro che – molte volte – la realtà può essere distorta a tal punto che è impossibile distinguerla dalla “reale” realtà. La distanza dalla “comunicazione” con la propaganda è molto ridotta oggigiorno.

Il pubblico è chiamato a gestire una tale mole di informazioni, fino a farlo sperare a volte di vivere in una realtà virtuale. Dipende dalla capacità cognitiva e dall’educazione di ciascuno distinguere le differenze, da partecipanti a questo festival dell’informazione, della post informazione e della disinformazione.

La realtà del calcio greco è irrilevante per il modo in cui i romantici concepiscono il calcio e qualsiasi pretesa di verità assoluta in questa vicenda deve essere trattata con le pinze.

L’unica cosa che rimane è il Panathinaikos che si è qualificato per la finale di Coppa dei Campioni e si tratta ancora, dopo mezzo secolo, dell’unica squadra greca ad esserci riuscita…

Le cose belle si fanno sempre un po’ attendere … Come un gol al novantesimo

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