«Nel 1983, in Polonia, il leader dell’opposizione andò a vedere una partita di calcio. L’incontro tra Lechia Danzica e Juventus si trasformò in un meeting di protesta contro il governo e la tv locale silenziò i microfoni»

di Jurij Istomin – His Foot / Sports.ru, 03/05/2021

Traduzione di Andrea Passannante

Il Lechia Danzica debuttò nelle coppe europee con un’umiliante sconfitta a Torino. Il club, che prima di allora non aveva mai partecipato a grandi tornei internazionali, subì addirittura sette gol dalla Juventus. La partita di ritorno andò leggermente meglio: il Lechia rimase in vantaggio a lungo, ma alla fine ne uscì sconfitto. In realtà, spesso in Polonia quel match viene ricordato per altri motivi. A vedere l’incontro si recò anche Lech Wałęsa, leader del movimento sindacale, simbolo dell’opposizione e futuro presidente del Paese. 

*** 

Solidarność non è soltanto il nome del nuovo stadio di Samara, ma anche la denominazione del più famoso movimento sindacale in Polonia. Nel 1980 Danzica si era trasformata nel principale epicentro del dissenso popolare nel Paese. Nei più importanti cantieri navali si erano create delle organizzazioni che sfuggivano al controllo del governo. L’organizzazione di lavoratori in sindacati indipendenti fu una risposta alla crisi nella quale era sprofondata l’economia socialista. Il deficit aumentava sempre di più, la spesa pubblica cresceva e con essa il costo dei prodotti alimentari. Per fare un esempio, nel luglio del 1980 in Polonia ci fu un rincaro dei prezzi della carne e, contemporaneamente, entrò in vigore il divieto di commercio privato di prodotti a base di carne. Una settimana dopo iniziarono gli scioperi nelle fabbriche di Lublino, cui fecero seguito quelli in altre città. I lavoratori scesero allora in strada, chiedendo di revocare l’aumento dei prezzi.

Il 14 agosto di quell’anno, il cantiere navale Lenin si unì allo sciopero. Il giorno seguente, a guidare lo sciopero dei costruttori fu l’elettricista Lech Wałęsa, già conosciuto per il suo lavoro da sindacalista negli anni Settanta, quando aveva organizzato delle manifestazioni e delle azioni di protesta. Nel 1976 la direzione del cantiere presso il quale stava lavorando lo aveva licenziato, ritenendolo inaffidabile. In seguito Wałęsa aveva fatto fatica a trovare lavoro. I servizi segreti polacchi perseguitavano lui e la sua famiglia e ascoltavano le sue conversazioni telefoniche. In alcune occasioni, arrestarono lo stesso Lech per dissidenza. 

L’elettricista, caduto in disgrazia, non aveva rinnegato le proprie idee e aveva aiutato altri lavoratori licenziati. Nel 1978 aveva guidato i Sindacati indipendenti della costa, un’organizzazione che avrebbe costituito la spina dorsale del Comitato di sciopero nell’agosto del 1980. In un discorso televisivo, il primo segretario del Partito Comunista, Edward Gierek, definì «critica» la situazione del Paese e inviò a Danzica il vice-premier Tadeusz Pikus. Il quale non aveva intenzione di dialogare con i manifestanti e, anzi, inasprì il conflitto. Un paio di giorni dopo, venne sostituito da un esponente di governo più liberale: Mieczysław Jagielski. Entro la fine del mese, Jagielski convinse gli scioperanti a scendere a compromessi e a firmare i cosiddetti accordi di agosto.

L’accordo includeva diversi punti rilevanti: i principali riguardavano la legalizzazione dei sindacati indipendenti con accesso ai mezzi d’informazione, la garanzia del diritto di sciopero, la liberazione dei prigionieri politici, l’aumento del salario minimo con conseguente indicizzazione e anche l’abbassamento dell’età pensionabile.

In realtà, le principali richieste dei lavoratori non vennero mai messe in atto. A novembre del 1980, i lavoratori registrarono ufficialmente il sindacato indipendente Solidarność, il cui leader ideologico diventò Lech Wałęsa. Eppure non bastò per ottenere le riforme e le liberalizzazioni richieste. Già l’anno successivo, le autorità si rifiutarono di riconoscere il nuovo sindacato dei contadini. Questa decisione portò a nuovi scioperi e nell’estate del 1981 molti prodotti che prima potevano essere acquistati vennero tolti dal commercio. I polacchi, scontenti, organizzarono delle marce per la fame e la popolarità di Solidarność crebbe notevolmente. Prima dell’autunno, fino a dieci milioni di persone entrarono nelle sue fila. 

Il sindacato diventò una vera e propria alternativa al Partito Comunista. Il confronto si inasprì e nel dicembre del 1981 il generale Wojciech Jaruzelski, da poco salito al potere, annunciò l’entrata in vigore della legge marziale. Lech Wałęsa venne arrestato insieme ad altri leader di Solidarność, gli scioperi vennero dichiarati fuorilegge e alcune aziende furono poste sotto il commissariamento dell’esercito. Ma le manifestazioni dei lavoratori proseguirono anche dopo l’introduzione di misure radicali da parte del governo. A placarle furono le forze antisommossa locali dell’OMON [Otrjad Mobil’nij Osobogo Naznačenija: Unità speciale mobile della Polizia, N.d.T], in alcune città non senza vittime. Entro la fine del 1982 Lech Wałęsa venne liberato, ma dalla Corte di Giustizia cominciarono le accuse nei confronti degli altri partecipanti a Solidarność. La legge marziale sarebbe stata abrogata soltanto nell’estate del 1983. Nel frattempo il sindacato autonomo dei lavoratori si trasformò in un’organizzazione clandestina. 

Anche sullo sfondo di eventi così drammatici, la vita sportiva del Paese non si era fermata. Le manifestazioni di massa rimanevano vietate, ma non c’era divieto di andare a vedere le partite di calcio. La prima squadra della città polacca che più di ogni altra aveva esternato la propria opposizione al governo era il Lechia Danzica. Raramente la squadra otteneva dei successi. Nonostante ciò, nel 1983 vinse Coppa e Supercoppa nazionale. Nell’autunno di quell’anno, il Lechia poté debuttare in un torneo internazionale [la Coppa delle Coppe, N.d.T]. 

Purtroppo il sorteggio si rivelò spietato: ai polacchi toccò affrontare la Juventus, che aveva dominato in Italia per un intero decennio. Nella stagione 1982/83, i bianconeri non si erano laureati campioni d’Italia, perciò si erano ritrovati a disputare il secondo torneo più importante d’Europa. A Torino il Lechia perse 7-0: poker di Domenico Penzo, doppietta di Michel Platini e gol di Paolo Rossi. Circa 80 tifosi ospiti andarono in Italia a vedere la partita, poco più di una decina tornò in Polonia. 

Nella partita di ritorno, la Juventus schierò soprattutto le seconde linee. Sebbene il passaggio del turno fosse già deciso, in occasione dell’incontro di Danzica si registrò il tutto esaurito allo stadio. 35.000 tifosi poterono ammirare il Lechia competere contro una delle squadre più forti al mondo. Ai padroni di casa quasi riuscì il miracolo: fino al 77esimo minuto, i polacchi conducevano 2-1. In seguito, subirono il gol del pareggio di Roberto Tavola e il gol decisivo di Zbigniew Boniek [l’attaccante, medaglia di bronzo ai Mondiali del 1982 con la Polonia, giocava nella Juventus, N.d.A].

Ma durante il secondo tempo i tifosi non reagirono soltanto a ciò che stava accadendo sul campo. Ad assistere alla partita c’era anche Lech Wałęsa e i tifosi erano venuti a saperlo appena prima dell’intervallo. Col passare del tempo, tutti i tifosi cominciarono a scandire cori che non avevano a che fare con il calcio. In seguito, i calciatori e gli allenatori hanno più volte ricordato che durante la partita si sentivano dalla tribuna gli slogan di Solidarność. In risposta a ciò, Wałęsa si alzò dal proprio posto e sollevò le mani con un gesto di vittoria. Questo fotogramma diventò un simbolo della protesta e rappresentò una leva molto potente per la campagna di Solidarność.

Tra i due tempi della partita, i sostenitori del sindacato clandestino si avvicinarono agli operatori dei canali televisivi occidentali che trasmettevano la partita in Italia e in altri Paesi, chiedendo di inquadrare Lech Wałęsa con le telecamere, anche solo per pochi secondi. Le emittenti locali, invece, erano in preda al panico: come si poteva trasmettere un incontro che stava andando così bene per il Lechia, se tutto lo stadio scandiva slogan di Solidarność? Così, per tutto il secondo tempo i telespettatori polacchi dovettero assistere alla partita senza audio. 

Lech Wałęsa abbandonò lo stadio ancora prima del fischio finale. I suoi sostenitori lo portarono via, temendo che potesse essere arrestato di nuovo o che potessero ricominciare i disordini. In quello stesso anno Wałęsa fu insignito del Premio Nobel per la Pace, ma non si presentò alla premiazione, temendo che le autorità polacche non gli concedessero di rientrare in patria. Due anni dopo, sulla scia della Perestrojka in Urss, cominciò il processo di democratizzazione anche in altri Paesi del blocco orientale. Solidarność tornò a essere un’organizzazione riconosciuta legalmente, che nel 1989 avrebbe vinto alle elezioni. E dopo un anno Wałęsa sarebbe diventato presidente della Polonia. 

(Per la traslitterazione dei nomi propri dall’alfabeto cirillico a quello latino è stato adottato il sistema scientifico. Si ringraziano l’autore del blog His Foot e le testate sports.ru e tribuna.com per la cortesia e la disponibilità)

Le cose belle si fanno sempre un po’ attendere … Come un gol al novantesimo

0